sabato 25 maggio 2013

IL TUTTOMIO - Andrea Camilleri

Non sono una fan sfegata di Camilleri e del suo Montalbano. Ne ho letti alcuni, li trovo divertenti e ben scritti, ma non sono di quei lettori che aspettano con ansia la nuova uscita di un romanzo sulle avventure del commissario. Probabilmente nella lettura de Il Tuttomio questo mi ha aiutato. Non ho, infatti, dovuto accettare l'assenza del commissario, così come aiutarmi allo stile e alla scrittura "italiana" dell'autore siciliano. Ho letto in giro delle critiche feroci su quest'opera, critiche che in realtà non condivido. Tutto sommato a me è piaciuto. Da molti è stato definito squallido e volgare, e questa è l'accusa che meno condivido. La trama è sicuramente scabrosa. Protagonista della vicenda è Arianna, trentatrenne rimasta bambina, sposata con Giulio che la ama e la protegge. La ama a tal punto da organizzare per lei incontri con altri uomini per far sì, che pur essendo lui impotente, la vivace moglie possa essere soddisfatta sessualmente. Non è certo un argomento da educande, ma da qui a definire squallida e volgare la narrazione che Camilleri ci propone ce ne passa. Soprattutto perché lo scrittore siciliano non si sofferma sui dettagli più scabrosi che una vicenda di questo tipo comporta, ma ne analizza soprattutto i risvolti psicologi. Arianna è una donna bambina con seri problemi psichici mai risolti e di cui nessuno si è mai accorto, neanche le persone che più le sono vicine. E Camilleri ne fa un ritratto inquietante, ma allo stesso tempo in grado di suscitare compassione. E' una donna sola, che è sempre stata sola, e che cerca nelle sue fantasie malate un rifugio dalla sua solitudine. Il linguaggio di Camilleri, è a differenza di tutti i suoi romanzi siciliani, freddo e tagliente, ed è proprio grazie a questa freddezza che riesce a passare al lettore tutta l'inquietudine della protagonista. E' uno stile che non lascia spazio a nessuna speranza, Arianna è destinata a non essere compresa. Un'altra delle critiche che gli viene mossa è l'eccessiva brevità, come se il romanzo dovesse essere pubblicato per forza, anche se non completo. Su questo aspetto mi trovo abbastanza d'accordo. La vicenda si conclude molto in fretta e alcuni dei personaggi, il marito di Arianna in primis, avrebbero meritato un'analisi più approfondita. L'impressione che si ha quando si arriva alla fine e quella di aver letto un episodio di una vicenda che potrebbe essere molto più complessa. Tutto sommato a me è piaciuto. Ovviamente, se Camilleri per voi è Montalbano e la Sicilia, probabilmente questo non è un romanzo che fa per voi.

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martedì 21 maggio 2013

L'INVERNO DEL NOSTRO SCONTENTO - John Steinbeck

Sensazioni contrastanti per L'inverno del nostro scontento. Da una parte c'è l'abilità impareggiabile di John Steinbeck nel rappresentare i suoi personaggi con eccezionale efficacia, nel dare loro anima e corpo e un luogo nel quale vivere. Dall'altra c'è una storia alla quale ho fatto fatica ad appassionarmi, forse perché lo stesso Steinbeck sembra averla scritta con un certo amaro distacco.
La voce narrante è quella del protagonista, un uomo deluso dalla vita, scontento e disincantato, senza più entusiasmo, la cui unica gioia è un matrimonio felice. Da qui giunge la spinta a un ultimo tentativo di migliorare la propria condizione, per donare un futuro più luminoso alla propria famiglia, ancor prima che a se stesso. E' lo spirito di sacrificio ad animare gli sforzi di Ethan Hawley, il quale si presenta come l'eroe positivo della storia. Ma attenzione, in un'America cinica e decadente, dove il mito del successo impera e si misura in dollari, non c'è posto per i puri di cuore. E' un lusso che nessuno si può permettere, Ethan, semplice commesso di negozio, meno di tutti. Il confronto con gli avventurosi e ammirati antenati della sua famiglia è inclemente, impossibile ripetere le loro gloriose gesta né tanto meno riguadagnare il rispetto della comunità e la stima perduti.
Il denaro resta l'unico mezzo attraverso il quale conquistare una posizione sociale e ciascuno si ingegna con i mezzi che gli sono propri per ottenerlo. C'è l'affarista intrallazzatore e senza scrupoli, l'impiegato chino sulla propria scrivania tutto il santo giorno, la zitella in cerca di un marito che la mantenga, il figlio a caccia di scorciatoie, ciascuno, con alterne fortune, ottiene la propria parte, anche se nessuno di solito ne rimane soddisfatto. Ethan non è più brillante degli altri ma non è uno stupido, l'intuito lo guida a formulare un piano che potrebbe concedergli il sospirato successo o condurlo al disastro.
L'America, lo sanno tutti, è il paese delle opportunità. Forse anche per Ethan ci sarà una sorpresa, forse la felicità è dietro l'angolo, anche se lui non lo sa ancora. Ma l'amarezza per una vita che, comunque vada, gli apparirà sempre meschina, potrebbe coprire il gusto dolce della vittoria perché il problema sta giù nel profondo e ci rode l'anima. Una sorta di fame dello spirito che il vile denaro non potrà mai placare.
Pur se con un romanzo meno acclamato di altri, John Steinbeck si conferma scrittore fra i più grandi, un architetto che progetta con scultorea precisione le sue storie e i suoi personaggi, lasciando sempre un segno profondo e indelebile.

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domenica 19 maggio 2013

IL SENSO DELL'ELEFANTE - Marco Missiroli

Sono un pò in difficoltà nello scrivere la recensione de Il Senso dell'elefante di Marco Missiroli. Non perché il libro sia scritto male o sia noioso, anzi. Lo stile è piacevole e la narrazione è ben costruita con colpi di scena che spingono a non abbandonare la lettura. Il problema è che c'è troppa carne al fuoco, troppi argomenti importanti, che proprio per questo motivo non vengono approfonditi, se non superficialmente. Protagonista e voce narrante è Pietro che, abbandonata la veste talare, si trasferisce a Milano dove andrà a lavorare come portinaio in un palazzo alla ricerca di suo figlio ormai quarantenne che non ha mai conosciuto. E già solo con la storia di Pietro ci sarebbero spunti di riflessione più che sufficienti: il senso di paternità, il rapporto con Dio e la religione, ma all'autore questo non bastava. Il figlio di Pietro, Luca, è un medico che si prende cura dei suoi pazienti, curandoli e aiutandoli a morire quando non c'è più nulla da fare. E la morte, ma soprattutto l'idea della morte come soluzione e rifugio, è un altro dei temi forti affrontati. Intorno a loro ruotano poi tutti gli altri abitanti del palazzo, ognuno con le proprie vite e i propri problemi, in un intreccio di relazioni e rapporti. Molti di questi personaggi minori avrebbero meritato un romanzo a parte, e invece rimangono solo accennati, lasciando una certa idea di incompletezza. Ed è proprio qui la mia difficoltà, alla fine del libro mi è rimasta come la sensazione che ci fosse ancora molto da dire, che avrei voluto sapere di più sulla vita dei personaggi e sulle motivazioni che li hanno spinti a fare certe scelte. Insomma forse l'autore ha voluto un pò strafare.

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giovedì 9 maggio 2013

LA BRISCOLA IN CINQUE - Marco Malvaldi

Oh ma quanto è bellino La Briscola in Cinque di Malvaldi. Difficilmente rido da sola leggendo, non mi capita neanche con i romanzi umoristici che infatti evito come la peste, ma leggendo il romanzo di Malvaldi mi è capitato più e più volte. Ovviamente non è un capolavoro della letteratura, non ha grandi pretese artistiche, ma svolge bene il suo onesto compito di intrattenere il lettore e di concedere qualche ora di vero spasso in maniera intelligente e garbata. La Briscola in cinque è sulla carta un romanzo giallo: una giovane viene trovata morta e i diversi protagonisti si adoperano per risolvere il caso. Ma il caso e la sua soluzione sono un semplice pretesto dell'autore per farci trascorrere del tempo all'interno del Bar Lume, che con il barrista (non è scritto sbagliato e come si definisce lui stesso) Massimo e i suoi avventori, sono il vero punto di attrazione del romanzo.  In particolar modo è impossibile non amarei 4 simpatici vecchietti che trascorrono la maggior parte del tempo al bar giocando a carte, raccontandosi pettegolezzi e commentando gli avventori e le loro vicende con una parlata toscana assolutamente irresistibile. I loro dialoghi valgono da soli la lettura, e poco importa se il caso sia un po' scontato e la sua soluzione un pò banale, la compagnia è delle migliori. Io, tra l'altro, penso di essermi innamorata del barista Massimo.

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domenica 5 maggio 2013

IL PROFUMO DELLE FOGLIE DI LIMONE - Clara Sánchez

Una buona idea sprecata. La mia recensione del best-seller di Clara Sánchez Il profumo delle foglie di limone, potrebbe concludersi qui. Ma sarebbe un peccato, perché qualcosa di buono in quest'opera effettivamente c'è. Innanzitutto il personaggio di Juliàn, anziano superstite del campo di concentramento di Mauthausen, che ha dedicato buona parte della sua vita alla ricerca dei principali criminali nazisti. Attraverso di lui rivediamo non tanto i giorni trascorsi in prigionia, quanto la difficoltà di dimenticare e di sopravvivere a tutto quell'orrore. Altrettanto interessante è l'idea della setta di anziani nazisti trapiantati in Spagna e delle dinamiche psicologiche e sociali che si sviluppano al loro interno. C'è chi si pone delle domande su quanto successo, c'è chi si giustifica con il fatto che null'altro si poteva fare e c'è chi cerca di mantenere lo status quo ottenuto all'epoca. Quello che non funziona per nulla, a mio parare, è il personaggio di Sandra, giovane donna incinta alla ricerca di un posto nel mondo, che funziona da collegamento tra Julian e il gruppo di ex-nazisti. L'ho trovato un personaggio assolutamente non credibile, quanti si trasferirebbero a vivere dopo pochi giorni di conoscenza a casa di una coppia di anziani sconosciuti? E quanti ci rimarrebbero anche dopo aver scoperto il loro terribile passato da aguzzini? Sicuramente l'ingenuità della ragazza è utile per far passare il messaggio che la cattiveria si nasconde ovunque, anche nelle persone più insospettate, e funziona perfettamente da contro altare alla malizia che muove, pur con scopi diversi, gli altri personaggi del romanzo. Ma in certi casi è veramente troppo, al punto che ho più volte sperato che facesse una brutta fine, a causa della sua avventatezza. L'altro aspetto sui cui l'opera della Sánchez mi ha lasciato delusa è stato il finale. Per tutto lo svolgimento della trama si è andata creando una tensione emotiva che però non si conclude in nulla. Il finale è praticamente inesistente, non pretendo un finale in cui il bene trionfa a tutti i costi sul male, sarebbe andato bene anche l'esatto contrario, ma in questo caso tutto si conclude con un pari e patta che lascia un senso di incompiutezza.

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Titolo originale: Lo que esconde tu nombre
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venerdì 3 maggio 2013

L'ACUSTICA PERFETTA - Daria Bignardi

Una mattina come tante altre, di un giorno come tanti altri, vi svegliate e vostra moglie vi ha lasciato senza alcuna spiegazione, se non un semplice bigliettino di saluti. Passato lo stupore, la prima reazione che si ci aspetta è la rabbia. Rabbia per essere stati abbandonati senza una motivazione apparente, rabbia per dover spiegare da soli ai propri figli cosa sta succedendo, rabbia per avere investito tanto in un rapporto che poi si conclude così. Ed è proprio così che reagisce Arno, il protagonista de l'Acustica Perfetta di Daria Bignardi, quando la moglie Sara lo lascia alla vigila di Natale. Dopo il primo momento di sbandamento Arno, però comincia a farsi delle domande per cercare di conoscere la moglie, che realizza di aver amato senza però sapere mai veramente chi fosse. E da qui parte una sorta di giallo sentimentale, in cui il protagonista raccoglie indizi sul passato di Sara per cercare di capire e comprenderne le motivazioni. E proprio com in un giallo la trama prosegue per colpi di scena, in maniera avvincente e mai noiosa. Quanti di noi possono dire di conoscere veramente la persona che ci sta accanto? Di conoscerne non solo il passato, ma anche i suoi veri desideri e ambizioni? Questo romanzo instilla proprio questo dubbio, ma siamo così sicuri che la nostra compagna/compagno siano veramente felici, che la vita che facciamo insieme è ciò a cui veramente aspirava? Sebbene la storia sia raccontata in maniera ottimale dal punto di vista maschile, è chiara la visione femminile dell'autrice che fa fare al suo protagonista un percorso di educazione sentimentale che lo porterà non solo a comprendere la scelta della moglie, ma a sostenerla. Un bel romanzo, avvincente, profondo e con numerosi spunti di riflessione.

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mercoledì 1 maggio 2013

IL SEGGIO VACANTE - J.K. Rowling

La caratteristica principale della saga di Harry Potter è la capacità della Rowling di creare un mondo assolutamente credibile e coerente. E lo stesso è quello che fa nel suo primo romanzo dopo la serie sul maghetto. Ne Il Seggio Vacante la Rowling ci porta a Pagford, piccola cittadina della provincia inglese. A uno sguardo superficiale sembrerebbe un'idilliaca cittadina dove la vita scorre tranquilla e nulla succede. Ma sotto lo smalto di felicità si nascondono intrighi, rancori e cattiverie che si paleseranno in seguito ad un evento drammatico. Su questo palcoscenico la Rowling fa muovere diversi personaggi, tutti descritti perfettamente ed ognuno con un ruolo ben preciso all'interno della vicenda. L'altro elemnto che mi ha fortemente colpito è la struttura della narrazione. La vicenda si apre con una morte improvvisa e si conclude con una morte altrettanto imprevista e ancora più tragica, in una sorta di catarsi che permetterà a tutti i personaggi di ricomporre le loro vite. In molti hanno storto il naso all'idea di un romanzo della Rowling senza adulti, e in molti hanno temuto che la scrittrice si rivelasse non in grado di scrivere qualcosa di diverso. E invece ci è riuscita benissimo, e il successo di vendite è del tutto meritato. La aspettiamo ora con il prossimo romanzo.

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Titolo originale: The Casual Vacancy

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