mercoledì 25 aprile 2012

ACCIAIO - Silvia Avallone

Acciaio di Silvia Avallone è il classico romanzo di formazione. La giovane autrice ci racconta la storia della profonda amicizia tra Francesca ed Anna, due tredicenni che si trovano a crescere in una provincia industriale depressa, attorniate da adulti senza più speranze. Il tema è di quelli visti e rivisti, quasi banale. Quello che colpisce è l'ambientazione in cui le due ragazzine si muovono. Un quartiere popolare di una piccola cittadina sviluppatasi intorno ad una grande fabbrica, un po' mamma un po' padrona, ormai in declino. Nella narrazione della Avallone questa cittadina è Piombino, anche se poi il quartiere descritto in realtà non esiste, e la fabbrica è la grande acciaieria che ha dato lavoro a tantissime generazioni di Piombinesi.
Ma è un caso, avrebbo potuto essere ambientato in qualunque parte della provincia italiana, segnata da un declino economico ed industriale che non lascia spazio alle speranze dei giovani.
Silvia Avallone ha scritto Acciaio appena venticinquenne. E` innegabile che alcuni elementi della narrazione e del suo stile riflettano la sua giovane età. I personaggi talvolta risultano delle macchiette e in certi punti traspare eccessivamente la presenza del narratore, con commenti che non aggiungono nulla a quanto raccontato. Bisogna però dare atto alla Avallone di averci proposto una storia di adolescenti credibile, in cui le due protagoniste hanno una vita vera. Le adolescenti, insomma, non sono quelle di Moccia, forse neanche quelle di Acciaio. Ma almeno queste mostrano uno spessore di sentimenti.

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domenica 15 aprile 2012

IL CIMITERO DI PRAGA - Umberto Eco

Secondo il narratore di quest'opera, impersonato da Umberto Eco, la drammatica piega presa dagli eventi nella prima metà del XX secolo è stata causata, fra le altre cose, anche da quanto raccontato nel Cimitero di Praga.
Questa sconcertante rivelazione basterebbe da sola a rendere interessante l'ultima fatica dell'autore alessandrino. E tuttavia non è che la ciliegina sulla torta, il culmine di un percorso che lascia inorriditi, indignati, imbarazzati e affranti. Prima però bisogna chiarire subito una cosa: al di là di tutte le riflessioni che induce a fare, al di là del divertimento, delle sorprese, del turbamento che questo libro offre, Il cimitero di Praga è soprattutto un romanzo bello, in senso puramente estetico.
Leggere un'opera di Eco è sempre un'esperienza piacevole. Nelle sue mani la lingua italiana non è solo uno strumento di comunicazione ma un attore della storia. La costruzione delle frasi, i termini utilizzati sorprendono e spesso divertono il lettore, Eco dimostra una padronanza del linguaggio disarmante, è disinvolto, leggero, come un pianista che vola sui tasti ed esegue la partitura con tocco esperto e appassionato. Le prime pagine, da questo punto di vista, sono davvero fenomenali.
E poi c'è la storia, dalla quale emerge il dramma dell'ignoranza in senso lato, quella delle grandi masse che non possono o non vogliono sapere e si affidano ad altri per acquisire conoscenza. Affidando così a costoro anche il loro destino. Non c'è forse crimine più grave che quello di emettere giudizi e sentenze sulla base del sentito dire, del passaparola, dell'insinuazione. Un'abitudine, un vizio mai abbandonati, che miete vittime in ogni epoca.
Se da una parte si può provare antipatia, se non odio, nei confronti di chi, con bieco cinismo, sfrutta questa debolezza umana per trarne vantaggi, economici, politici o di altra natura, non si può che provare pietà per la scelleratezza delle masse, pronte a dar retta a chiunque sia in grado di interpretarne i più bassi istinti, le più profonde paure, le più ridicole aspirazioni, anche a costo di avallare più o meno consciamente crimini e ingiustizie per le quali puntualmente sono pronte a biasimare, condannare e dimenticare.
Fino a quando ciascuno di noi non proverà il desiderio di formare un proprio pensiero liberamente ma si limiterà a intendere la vita come un periodo di tempo nel quale tentare di soddisfare i propri più o meno sofisticati bisogni materiali, correremo sempre il rischio di essere manovrati, sfruttati e maltrattati da coloro che intendono la vita come un periodo di tempo nel quale tentare di soddisfare i propri più o meno sofisticati bisogni materiali.
E` un cane che si morde la coda, un circolo vizioso, nel quale ciascuno è convinto di correre solo contro tutti, di essere il più scaltro e il più forte di tutti, per poi trovarsi a sua volta superato e squalificato da qualcuno che la pensa esattamente come lui. Un labirinto del quale non troviamo l'uscita, dove ci sarà sempre qualcuno pronto a scavalcare e qualcun altro pronto a farsi scavalcare ma senza che nessuno riesca mai a trovare la chiave che risolve l'enigma.
C'è da chiedersi quanta sofferenza si dovrà ancora patire prima di trovarla.

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