domenica 22 settembre 2013

LA RAGAZZA DI CHARLOTTE STREET - Danny Wallace

Se c'è una cosa che mi infastidisce è sentire appellare uomini e donne di 30 e più anni ragazzi o ragazze, soprattutto quando questo capita all'interno di servizi televisivi o all'interno di articoli di giornale. Non contesto il sentirsi tali da parte degli ultra trentenni, lo sono anche io e anche io penso a me stessa come ad una ragazza, quello che non sopporto è il fatto che sia ormai socialmente accettato il fatto che a quell'età non si sia ancora in grado di prendersi delle responsabilità o di comportarsi come adulti. Questo stesso fastidio l'ho provato per i protagonisti di La ragazza di Charlotte Street. Un gruppo di amici/conoscenti che fa fatica a crescere e a diventare adulto e che nel corso del romanzo dovrà cominciare ad affrontare la realtà della vita. Potremmo definire il romanzo di Danny Wallace una sorta di romanzo di formazione, peccato però che i protagonisti non siano proprio più "ragazzi". A tutto questo si aggiunge una serie di luoghi comuni che mi hanno infastidito ancora di più: l'amico nerd, l'ex fidanzata seguita su Facebook di cui il protagonista ritornerà poi ad essere grande amico. Ho trovato diverse recensioni che paragono Wallace a Hornby, ma sinceramente non hanno niente da che spartire l'uno con l'altro. L'unico aspetto positivo del romanzo è Londra, non quella dei turisti, ma quella vera vissuta che l'autore descrive veramente bene. Sono rimasta un po' delusa, anche perché le prime pagine lasciavano presupporre qualcosa di completamente diverso. Na lettura giusta giusta per la spiaggia, ed è lì che infatti l'ho letto, ma niente di più.

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Titolo originale: Charlotte Street
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giovedì 19 settembre 2013

FOLLIA - Patrick McGrath

Ognuno di noi ha una sua idea di cosa sia l'amore. Per me, ad esempio, è la tranquillità e la pace che si prova solo quando si sta con la persona amata, per qualcunaltro è desiderio e passione, c'è che poi lo vive come un senso continuo di inquietudine e di volontà di compiacere l'altro. E poi, poi ci sono gli amori folli, gli amori che consumano uno od entrambi gli amanti, quegli amori accecanti e totalitari. E per qualche strano motivo, pur sapendo che non è il modo corretto di amare, restiamo tutti affascinati dalla forza di questo sentimento, arrivandoci a chiedere se il nostro amore normale, tranquillo, appassionato ma non totalizzante, non sia in realtà amore, ma qualcos'altro. Follia di Patrick McGrath sembra essere scritto apposta per far nascere in noi questo tipo di dubbio. Il suo autore ci racconta, attraverso gli occhi di uno psichiatra, l'amore travolgente e accecante che una donna prova per un uomo malato di mente e "femminicida" spietato. Stella, la protagonista di Follia, viene completamente accecata da questo amore, al punto di sacrificare suo figlio prima e se stessa poi sull'altare di questa passione travolgente. Assistiamo quindi, attraverso l'occhio clinico e scientifico del narratore, alla discesa agli inferi di questa donna, alla sua totalità incapacità di vedere quello che il suo amato effettivamente è, anche quando la realtà gli si presenterà davanti in maniera eclatante. Inizialmente Stella mi ha suscitato un senso di compassione. Giovane donna di buona famiglia, sposata con un marito che non la ama o che almeno non riesce a dimostrarlo, "mostrata" agli altri come corredo di rappresentanza di una vita di successo, si innamora di Edgar, che rappresenta per lei l'ignoto e la ribellione, un modo per sentirsi libera al di là delle costrizioni sociali. Ma man mano che la lettura procedeva la compassione si è trasformata in fastidio, mi sono trovata più volte a chiedermi come fosse possibile che non vedesse la spirale distruttiva in cui questo sentimento la stesse portando. E qui sta la forza di questo romanzo, nello spingerci a riflettere su cosa spinga in certe situazioni la nostra psiche a portarci completamente ad annullarci, rimuovendo qualunque senso di sopravvivenza e auto protezione. Che sia questo l'amore vero? A mio parere no, questa è la follia.

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Titolo Originale: Asylum
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lunedì 9 settembre 2013

TI PREGO LASCIATI ODIARE - Anna Premoli

La cosa che mi è piaciuta di più di "Ti prego lasciati odiare"? Il fatto che la sua lettura mi abbia impegnato per poco più di due ore. Non avrei retto di più. Va bene starete pensando, ma cosa ti potevi aspettare da un libro con un titolo come questo? E poi avrai ben letto la quarta di copertina prima? Tutto vero, ma ero alla ricerca di un libro da svago da leggere in un pomeriggio di relax e poi la Premoli con questa sua fatica letteraria ha anche vinto il premio Bancarella. Ok, aver vinto un premio non è sempre sinonimo di capolavoro, ma quantomeno di decenza dovrebbe esserlo. La trama è di una banalità estrema: lei odia lui, devono per motivi di lavoro passare molto tempo insieme, si innamorano e vissero felice e contenti. Niente di male, classica trama da romanzo rosa, leggero leggero per un po' di relax, peccato che poi sia pieno di luoghi comuni e di frasi fatte, una scrittura talmente banale da risultare fastidiosa. Giusto due frasi per darvi un'idea: "il tono è tagliente come una lama", "puntuale come un orologio svizzero".
Ho provato a giustificare il fatto che non mi sia piaciuto con una questione generazionale, probabilmente sono un pò vecchia per romanzi di questo tipo, ma continuando a leggere e ripensando a me qualche anno fa, ho chiara la certezza che non lo avrei comunque apprezzato. Insomma il mio consiglio personale e spassionato è, se proprio avete 2 ore da buttare, dedicatele a qualcos'altro. Evito commenti invece su come i premi letterari vengono assegnati.

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mercoledì 4 settembre 2013

WAYLANDER - David Gemmell

Colui che sfida la morte per raggiungere un obiettivo, pur essendo cosciente che le probabilità a suo favore sono minime, è un eroe, un romantico. Waylander ne è un chiaro esempio. Eppure fermarsi a questa definizione sarebbe riduttivo. David Gemmell ci offre la rappresentazione di un personaggio più complesso, più travagliato e quindi più intrigante. Gemmell sostiene che ogni uomo porta dentro di sé i semi del bene e del male e a lui spetta decidere quali fare crescere.
Waylander è un malvagio. La storia ci spiega che non lo è sempre stato, lo è diventato, per motivi anche comprensibili ma non è questo che conta. I delitti che ha commesso nel corso della sua esistenza sono ormai innumerevoli e la fama sinistra del quale è circondato gli ha valso la reputazione di assassino infallibile e spietato. Non merita comprensione o simpatia, né lui la cerca. Tuttavia la sua coscienza è rosa dal rimorso, come un vaso che è andato riempiendosi per anni e che a un certo punto trabocca. Waylander non chiede perdono ma un'occasione per espiare le proprie colpe. Può una missione suicida, il cui successo regalerebbe la pace a un intero popolo, dargli la possibilità di ottenere la redenzione? Forse o forse no. Comunque vadano le cose, è in quel momento che il nostro diventa eroe. Non privo di macchie e con molta paura ma fiero, grazie al sacrificio compiuto a beneficio degli altri.
Donare la propria vita per salvare quella dei propri simili è un gesto nobile ed estremo ma se a compierlo è un assassino, resta ancora tale? Bisognerebbe chiederlo a coloro che ne beneficiano. Probabilmente vi risponderebbero che, chiunque egli sia stato, per loro è un eroe.


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