lunedì 29 dicembre 2008

IL CANE GIALLO - Georges Simenon

Questo giallo di Simenon è come un paio di scarpe vecchie ma comode. Una certezza. Iniziandolo si sa già che non ci si annoierà durante la lettura, che arriveremo in fondo perché non saremo in grado altrimenti di scoprire il colpevole, che ci sentiremo appagati perché il finale ci avrà soddisfatto.
Questo risultato che apparentemente può sembrare riduttivo e banale è invece uno di quelli per cui molti scrittori farebbero i salti mortali. Conquistare il pubblico è il primo obiettivo di qualunque artista. La sensazione che si ha leggendo Il cane giallo è quella che Simenon ci riesca a mani basse, senza fatica, con uno stile pulito, privo di arzigogoli, una storia lineare, con pochi sussulti ma senza pause. Anzi, la sua forza sta proprio lì, in questo crescendo lento ma costante, come l'onda che non sale così in fretta da spaventare ma sale e sale, finché ti porta via, fino in fondo al libro, che quasi non te ne sei accorto.
I fattori di questo successo si possono trovare nel sapiente gioco della trama, delle ambientazioni o nel riuscito personaggio di Maigret. Ma a mio parere ciò che fa davvero la differenza è lo stile narrativo di Simenon, che potrebbe parlarti di qualunque cosa, utilizzando qualunque forma ma riuscendo sempre e comunque ad acchiapparti.

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domenica 14 dicembre 2008

SOTTO LA PELLE - Michel Faber

Sotto la Pelle è il romanzo d'esordio di Michel Faber, conosciuto ai più per il successo mondiale de Il Petalo Cremisi e Il Bianco.
Anche nella sua prima opera letteraria Faber mette al centro della sua narrazione una donna che è costretta ad utilizzare il proprio corpo per vivere e che per questa ragione vive in piena solitudine ed emarginazione.
E' un libro strano su cui è difficile dare giudizi senza rivelare troppo della trama. Partendo da uno spunto quasi banale, che potrebbe richiamare alla memoria racconti al limite tra l'erotico e il pulp e aggiungendo pagina su pagina dettagli sull'esistenza che la protagonista conduce, Faber costruisce un'allegoria crudele e spietata della nostra società e delle regole che ne stanno alla base. Una società in cui lo sfruttamento domina e l'alienazione dal proprio essere e dal proprio corpo è l'unica forma di sopravvivenza.
L'intento di Faber è sicuramente notevole e il risultato è buono. I personaggi sono realistici, le scene ben delineate, avvincenti e credibili, peccato però che ecceda talvolta in particolari e dettagli al solo scopo di colpire il lettore e rafforzare l'intento pedagogico del libro.

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martedì 2 dicembre 2008

IL SIGNORE DELLE MOSCHE - William Golding

Golding presenta la propria storia a muso duro, col chiaro intento di disturbare il lettore. Egli si serve di una situazione estremizzata per portare a galla le molte facce della nostra coscienza, creando un attrito fra il lato razionale e quello istintivo che si propongono entrambe come soluzioni per la sopravvivenza.
Il signore delle mosche sembra quasi un trattato socio politico, più che un romanzo, attraverso il quale Golding studia l'indole umana, il modo in cui individui di caratteri diversi affrontano un problema comune.
L'istinto e la ragione sono le due facce della stessa medaglia che, separate, non sono in grado di condurre alla soluzione. Grazie all'istinto noi siamo in grado di sopravvivere nell'immediato, di affrontare i pericoli, vivendo nell'illusione di aver trovato la strada giusta. Non ci basta però per vincere la paura dell'ignoto e così finiamo col cadere preda della paranoia, tutto ciò che non è sotto il nostro controllo diventa un pericolo e se possiamo lo distruggiamo. Processo involutivo che porta inevitabilmente all'auto annientamento.
La ragione può salvarci, grazie ad essa possiamo osservare e dedurre, scoprire e capire e non provare più paura. La conoscenza ci dà saggezza che possiamo utilizzare per migliorare la nostra condizione di vita e iniziare così quel processo evolutivo grazie al quale siamo in grado di costruire una civiltà.
E' vero però che la ragione, da sola, è priva di energia. La semplice osservazione ci permette di capire, di prendere atto ma non ci permette di fare quel salto logico attraverso il quale approdare all'applicazione della conoscenza stessa. Rimane un esercizio sterile, fine a se stesso.
E` l'istinto che fornisce l'energia richiesta, lo stimolo necessario affinché lo sforzo razionale produca anche un risultato tangibile, attraverso il quale finalmente progredire.
Ragione e istinto non possono essere in conflitto, se ne otterrebbe una inutile sottrazione che porterebbe al nostro azzeramento. L'alleanza dei due fattori è l'unica strategia indispensabile per una crescita costante e duratura nel tempo.

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domenica 23 novembre 2008

FIRMINO - Sam Savage

E' strano il rapporto di amore e odio che gli uomini hanno sviluppato con i topi e i ratti. Se nella realtà sono bistrattati, temuti ed evitati, nel mondo della fantasia sono spesso personaggi positivi e protagonisti di grandi racconti, basti pensare a Topolino e a tutti i topi presenti nei film di Walt Disney.
Firmino, il protagonista del romanzo dell'esordiente Sam Savage, non sfugge a questa regola e il lettore troverà semplice immedesimarsi in lui. Questa volta però non si tratta di un topo dal bell'aspetto o portatore di chissà quali valori positivi, al contrario è un ratto brutto, sfigato, malinconico e perverso. L'unica nota positiva che lo rende simpatico è il suo amore per i libri.
Firmino si ciba di libri, dapprima nel vero senso della parola per non morire di fame e proseguendo con il tempo per sfuggire alla sua natura di Topo e al progresso che ingurgita il suo mondo.
Chiunque ami la lettura non può che immedesimarsi in Firmino, nella sua necessità di leggere qualunque cosa gli capiti a tiro, nel suo utilizzare i libri come antidoto alla solitudine a al cinismo del mondo esterno.
Un libro per i divoratori di libri e per chi sogna ancora leggendo.

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martedì 18 novembre 2008

OCEANO MARE - Alessandro Baricco

Lo stile di Baricco è senza dubbio molto particolare. E' la prima cosa che ti colpisce, fin dalle prime pagine, una scrittura frammentata, più simile a una recita teatrale, a un monologo. Una tecnica narrativa interessante, di cui Baricco fa largo uso, dando l'impressione di prendere i pensieri dei propri personaggi in diretta e tradurli in parola scritta, così come vengono.
Leggendo Oceano mare si ha la sensazione di ascoltare un monologo improvvisato, un racconto fatto lì sul momento, a volte impetuoso come un fiume in piena, a volte incespicante e meditabondo. E' una storia eterea, perché etereo è il luogo in cui è ambientata per la maggior parte, dove tutto si trova a metà fra realtà e sogno. E proprio come un sogno, Oceano mare giunge e si allontana così, voltando l'ultima pagina, di sé lascia tracce evanescenti e non riesce ad imprimere emozioni che rimangono nei nostri ricordi.
Un libro bello ma inutile.

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martedì 11 novembre 2008

IL DESERTO DEI TARTARI - Dino Buzzati

Quella de Il deserto dei Tartari è una storia dolorosa, perché riguarda molti di noi. E' facile riconoscersi nel protagonista e temere di finire come lui. Il tempo corre veloce, anche se non ce ne accorgiamo e non è mai sufficiente. Per questo è importante sfruttarlo bene o almeno al meglio delle nostre possibilità. Diventa fondamentale non sedersi nell'attesa che l'evento accada o peggio ancora, decidere di mettere in pratica i nostri progetti "un giorno", "quando sarà il momento", nascondendo a se stessi il desiderio che quel giorno non arrivi mai.
E' la paura di dover affrontare la situazione che ci impedisce di muoverci, un timore che non riusciamo a vincere e che ci rende sconfitti in partenza. Soprattutto quando ci renderemo conto che sarà troppo tardi per fare ciò che volevamo fare, così, oltre alla delusione, dovremo patire anche il rammarico. Un destino crudele, che ci auto-infliggiamo ma che potremmo evitare se riuscissimo a trovare la forza di affrontare le nostre paure.
Buzzati non fa sconti, rende il dramma con spietata efficacia e il suo monito non è facile da dimenticare. La fortezza al confine del deserto dei Tartari è la nostra mente, ci chiudiamo in essa, ci affacciamo sull'ignoto, prendiamo coscienza che esso esiste e che dovremo prima o poi affrontarlo ma fare il primo passo e cominciare è più difficile di quanto sembri. Naturalmente ci sono molti gradi di profondità. La fortezza, nel libro, resta sempre nello stesso posto. Se un giorno affronteremo il deserto, se saremo preparati a farlo, potremo spostare la fortezza un po' più in là, costruire un avamposto. E forse un giorno arriveremo a vedere la fine del deserto e la città del nemico. Quel che conta è che siamo noi ad arrivare fin lì, perché se restiamo ad aspettare che sia il nemico a venire da noi, perdiamo l'iniziativa, lasciamo che gli eventi accadano con i loro tempi che non sono necessariamente uguali ai nostri. Ed è così che perdiamo il tempo, letteralmente. Se siamo fortunati, potremmo capitare al momento giusto nel posto giusto. Ma più spesso non sarà così e allora non resterà che un arido senso di incompiutezza. Destino amaro, che non possiamo permetterci.

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domenica 9 novembre 2008

AMICI MIEI, MIEI AMORI - Marc Levy

Generalmente i libri rosa hanno come protagoniste le donne. In Amici Miei, Miei Amori Marc Levy infrange questa regola costruendo una commedia romantica che ha come protagonisti due uomini single e padri. Il risultato è un romanzo zuccheroso, in cui l'autore cerca di non far cadere nel ridicolo il tentativo dei due protagonisti di vivere sotto lo stesso tetto nonostante i litigi che li fanno assomigliare ad una vecchia coppia sposata.
La situazione narrata risulta essere incredibile e fin troppo idilliaca con personaggi troppo stereotipati per essere credibii e dialoghi al limite del probabile.
Nella rappresentazione di questo mondo perfetto in cui l'amore e l'amicizia vincono sempre su tutto, gli unici a mantenere una parvenza di credibilità sono i due bambini, figli dei protagonisti, che si trovano ad assistere stupiti alle schermaglie pseudo amorose dei loro due padri.
E' il classico romanzo da spiaggia, che scorre via facile e senza troppi sussulti. Quello che rimane alla fine della lettura è l'aria di South Kensington, talmente ben descritta, che viene voglia di andare a vedere da vicino il caffè di Ivonne e la libreria di Mathias

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domenica 12 ottobre 2008

IL GATTOPARDO - Giuseppe Tomasi di Lampedusa

Tomasi di Lampedusa non si limita a scrivere, egli dipinge con le parole. Quest'uomo ha il dono di saper tratteggiare con pochi, rapidi e decisi colpi di pennello ritratti e paesaggi. La scrittura è sempre incisiva, non servono lunghe descrizioni o giri di parole, in poche battute l'immagine di don Fabrizio è già bella definita, l'estate siciliana così limpida che pare di sentirne il calore sulla pelle. Il Gattopardo è prima di tutto una meraviglia di estetica letteraria, Tomasi di Lampedusa sa usare bene le parole, egli seduce il lettore, ne cattura l'attenzione, l'occhio della mente, è come trovarsi di fronte un dipinto opulento e restarne affascinati.
Tuttavia il romanzo ha una sua profondità che la bellezza di cui è dotato riesce a comunicare con efficacia. Il Gattopardo infatti è la storia della fine di un'epoca o meglio, della fine di una classe sociale. L'elemento scatenante è Garibaldi e i suoi mille, la vittima illustre è l'aristocrazia. Nella seconda metà dell'Ottocento italiano, l'aristocrazia viveva ormai solo più specchiandosi nella propria immagine riflessa. In particolar modo nel meridione, dove il regno delle Due Sicilie consumava i suoi ultimi, decadenti giorni. Ma la classe sociale che per secoli aveva dominato l'Italia era in declino ovunque si volgesse lo sguardo, compresi i Savoia dai quali tutto aveva avuto inizio. Il vero flagello dell'aristocrazia infatti non era Garibaldi o Mazzini con le sue idee rivoluzionarie bensì altri due ancor più risoluti avversari: la propria stessa stanchezza e la nuova classe sociale emergente, cioè la borghesia.
Tomasi di Lampedusa si serve della nobile famiglia dei Salina per raccontarci la vera rivoluzione italiana che non è quella dei carbonari e dell'eroe dei Due Mondi ma quella del lento, inesorabile incedere dei latifondisti, degli industriali, dei banchieri, di coloro insomma che hanno grandi disponibilità di denaro col quale comprare a poco a poco tutto ciò che un tempo era stato proprietà di principi e baroni, gli stessi che hanno perduto il nerbo del comando col quale un tempo si imponevano.
E' il mondo che cambia, il passaggio di consegne fra chi è troppo vecchio e stanco per continuare e chi invece possiede l'entusiasmo e la forza necessarie per condurre i giochi. Solo un'entità resiste al passare del tempo, la Chiesa, che non si schiera ma si accompagna sempre a chi è destinato al comando, garantendosi così l'immortalità.
Lo sfondo di questa grande storia è una Sicilia incerta, solleticata dai venti di rinnovamento ma trattenuta, fiaccata da un passato di dominazioni, in parte dell'uomo, in parte della natura, che l'hanno ormai privata dello slancio necessario per rendersi protagonista del cambiamento in atto. Tomasi di Lampedusa ce la descrive con l'amarezza e la frustrazione di chi sa che il cambiamento è necessario ma anche che esso non arriverà mai perché manca la forza per compierlo. Un romanzo ancora molto attuale, nonostante parli di un'epoca lontana più di un secolo.

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sabato 11 ottobre 2008

VOLEVO SOLO LAVORARE - Luigi Furini

L'articolo 1 della Costituzione recita che l'Italia è una repubblica fondata sul lavoro. Ma quale lavoro? Quello dei giovani precari che in certi casi vengono assunti e licenziati ogni due ore? Quello di ex manager alla soglia dei 50 anni che non riescono più a trovare un impiego perchè troppo anziani? Quello dei lavoratori sottoposti a mobbing e umiliati fino ad essere costretti ale dimissioni?
Il romanzo inchiesta di Luigi Furini intraprende un viaggio nel mondo del lavoro dei giorni nostri, raccontando i problemi concreti e quotidiani che i lavoratori devono affrontare e che la politica non considera.
Le situazioni descritte sono talmente paradossali da essere ridicole; solo che sono vere e non è facile ridere di fronte alle problematiche e alle crisi depressive di chi deve districarsi nella giungla delle nuove forme di impiego e al silenzio colpevole della politica.
Di fronte a questo silenzio, come spesso capita, è il mondo della cultura ad affrontare per primo i cambiamenti della società e a cercare di portarli agli occhi del grande pubblico per spingere ad una riflessione. Questo è quello che vuole fare Furini raccontando la sua esperienza, numerosi dati e le testimonianze di altri lavoratori, questo è quello che ha cercato di fare Virzì recentemente nel film Tutta la Vita Davanti. La speranza è che l'opinione pubblica prenda atto della portata dei cambiamenti in corso e spinga il mondo politico ad affrontarli con l'attenzione che meritano.

Leggi il blog di Luigi Furini
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giovedì 2 ottobre 2008

I MALAVOGLIA - Giovanni Verga

Uscire in mare comporta dei rischi, resi ancora più drammatici dalla necessità di giungere a destinazione per motivi non già di semplice divertimento e voglia di avventura ma per questioni di sostentamento, come potrebbe essere un viaggio d'affari o il trasporto di merce preziosa.
Colui che narra un simile evento può farlo col chiaro intento di intrattenere la propria platea divertendola, regalando ad essa momenti emozionanti. La conclusione, qualunque essa sia, deve necessariamente essere “gratificante”al fine di raggiungere il proprio scopo, intrattenere, appunto.
Nel momento in cui si intende esporre lo stesso evento in forma più simile alla cronaca, la gratificazione finale del lettore non ha più alcuna importanza. E questo presupposto vale ancora di più nel momento in cui il verista intende proporre uno studio in piena regola, un'analisi dell'umano comportamento di fronte alle avversità della vita.
Ecco perché Giovanni Verga, descrivendo il viaggio su una piccola imbarcazione di una parte della famiglia soprannominata Malavoglia, non ne descrive gli epici momenti durante i quali gli eroici protagonisti sfuggono alla ferocia del mare, bensì la sofferenza causata da un inevitabile (si potrebbe dire “ragionevole”) naufragio. Perché Verga sta parlando della vita reale e nella vita reale le piccole barche, nel mare grosso, nel pieno della tempesta, affondano e tanti saluti.
E il resto della famiglia sa benissimo che non servirà a nulla restare sulla spiaggia ad aspettare il ritorno dei propri cari grazie al miracoloso intervento di qualche provvidenziale mercantile che si trovava a passare nei pressi del disastro. Perché una cosa del genere possa accadere servirebbe una quantità di fortuna esagerata ma lo sanno tutti che queste cose succedono solo nei libri di avventure.
Forse però, descrivendo tanta pena, Verga vuole farci capire che non è una buona idea sfidare la sorte, uscendo in mare aperto perché dobbiamo a tutti i costi raggiungere il mercato lontano dove vendere a buon prezzo la nostra mercanzia, nonostante si preveda brutto tempo. Perché così facendo, invece di migliorare la nostra qualità della vita, è più probabile che la peggioreremo drasticamente, con la scomparsa di uomini e merce.
Ed ecco la grande speranza di Verga: studiare il comportamento umano per capirne gli errori e fare in modo che, una volta analizzati, li si possa codificare, riconoscere, permettendoci così di prevenirli. Un'impresa ardua, probabilmente mai del tutto compiuta.

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venerdì 19 settembre 2008

IL TAMBURO DI LATTA - Günter Grass

Uno dei libri più sconcertanti che mi sia capitato di leggere. Non sono sicuro di aver afferrato il messaggio di Günter Grass. Di certo mi è arrivato il disperato cinismo che permea tutto il racconto di Oskar, dal momento della sua nascita al termine della storia.
Oskar non sembra stupirsi mai di nulla, anche se, in alcune occasioni, le esperienze subite lo segneranno per tutta la sua esistenza. Un personaggio stravagante, dalle idee chiare sul proprio destino, maturo già dalla prima infanzia e in grado di decidere autonomamente quale strada percorrere, al ritmo degli innumerevoli tamburi di latta consumati suonando lungo tutta la sua vita.
La sua natura, nanesca prima e deforme poi, lo estrania dagli altri, come se vivesse in un mondo parallelo, incompreso eppure affatto dispiaciuto per questo. Non riesce a nutrire alcun affetto, nemmeno quello familiare, fatta salva una certa benevolenza per la propria madre, troppo fragile però per rappresentare un valido interlocutore. Gli unici membri della famiglia degni di attenzione sono i nonni materni, uno scomparso prima che lui potesse conoscerlo, di cui non gli resta che una sorta di leggenda che lo trasformerà ai suoi occhi in un mito, l'altra eterno rifugio nel quale nascondersi quando le avversità della vita si fanno gravi.
Oskar è un paranoico, perché una cosa sia apprezzabile deve essere fatta esattamente in un certo modo e con certi tempi, esigenze che la “gente normale” non comprenderà mai appieno. Questo è il loro dramma, pensa Oskar compatendoli, mentre li osserva dimenarsi in un'esistenza priva di uno scopo, nel disperato tentativo di trovarne uno, disperdendo immani energie nel farlo, finanche rischiando l'autodistruzione nell'estremo tentativo, come testimonia la devastazione causata dalla seconda guerra mondiale in cui il romanzo è in gran parte ambientato.
E` proprio questo l'elemento disturbante, nonostante tanti e terribili siano gli eventi che attraversano la sua vita, Oskar li osserva con freddo distacco, lui che vive in una sua dimensione, passando indenne attraverso mille momenti cruciali, nei quali tutti gli altri cadono.
Solo quando infine deciderà di fare il suo ingresso nella vita “reale” dovrà scontrarsi con le difficoltà e le contraddizioni che fino a quel momento aveva schivato, finendo con l'essere notato e considerato, a causa del suo comportamento stravagante, un folle. Ma inevitabile sorge il dilemma sul capire chi sia il vero pazzo, se l'osservato o gli osservatori. E la risposta non è per niente scontata.

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domenica 14 settembre 2008

LA COSCIENZA DI ZENO - Italo Svevo

Gli usi e costumi dell'uomo cambiano nel corso della storia, la società si evolve, il pensiero umano con essa. Eppure ci sono aspetti della nostra natura che non cambiano, sono quelli più vicini al nostro lato animale, sul quale le sovrastrutture comportamentali non possono influire più di tanto.
Così, se da un lato la filosofia, il linguaggio, il generale approccio dell'uomo verso il mondo che lo circonda subisce mutamenti, lo stesso non si può dire ad esempio per i sentimenti. L'uomo contemporaneo ama esattamente come quello antico, prova odio, compassione, gioia e così via, oggi come allora. Se si scrive un racconto parlando di sentimenti, la storia narrata sarà sempre attuale. La coscienza di Zeno non sfugge a questa regola ed è per questo che mantiene tutt'ora un fascino modernissimo.
Svevo sonda la psiche umana, senza paura, scavando nel torbido del suo personaggio, cioè in noi tutti, facendone emergere i molteplici aspetti, spesso poco edificanti, per non dire imbarazzanti, a volte persino patetici. L'abilità di Svevo consiste nel rendere quella che potrebbe essere una lettura mortificante in una simpatica autocritica, grazie all'ironia pungente con cui egli descrive le gesta del nostro eroe.
Purtroppo l'ilarità non dura molto ma non certo per colpa sua. Il povero Zeno infatti, se da un lato ci diverte e intenerisce con i suoi maldestri tentativi di dare un senso alla sua vita, dall'altro ci deprime poiché col suo comportamento porta impietosamente a galla tutte le debolezze, le paranoie, le frustrazioni nelle quali, nostro malgrado, ci riconosciamo.
Svevo ci porge una mano per stringere amichevolmente la nostra ma con l'altra ci schiaffeggia sonoramente e non possiamo farci niente. Inutile nascondere le nevrosi di un uomo che anela a una vita sublimata dal compiersi degli ideali in cui ciascuno crede ma che non riesce fatalmente a staccarsi dalle bassezze derivanti dalla sua stessa natura. E` un rincorrersi disperato, più ci si tende verso l'impossibile meta, più le nostre radici ci inchiodano al nostro posto. Potremo stiracchiarci quanto vogliamo ma non potremo mai spiccare il volo, anzi corriamo il rischio di spezzarci. Da qui l'aspetto profetico di Svevo che è stato capace di vedere molto bene nel futuro dell'umanità. Si può ben dire infatti che tutto il '900 si sia svolto sulla base di questo motivo conduttore, spesso con esiti tragici, di cui ancora oggi subiamo le conseguenze.

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IL MIO NOME E' ROSSO - Orhan Pamuk

Il Mio Nome E' Rosso è un giallo, ma il dipanarsi delle trame investigative e degli intrighi è solo un pretesto per raccontare il tramonto di un mondo ormai lontano e per rappresentare la discussione, ancora presente nel mondo islamico e non solo, tra tradizione e modernità.
Il Mio Nome è Rosso è anche un romanzo d'amore in cui uno dei protagonisti è disposto a tutto per ottenere la sua amata, ma anche la storia d'amore è un pretesto utilizzato dall'autore per ricreare le tradizioni e il mistero di Istanbul nel 1591.
Questo romanzo dello scrittore turco premio Nobel nel 2006 Orhan Pamuk non è di facile lettura, i continui riferimenti al mondo islamico in generale e a quello dei miniaturisti in particolare rendono difficile per il lettore calarsi appieno nel mondo affrescato. La scelta di Pamuk di utilizzare per ogni capitolo una diversa voce narrante e un diverso punto di vista inizialamente spiazza, ma una volta compreso il meccanismo permette al lettore di essere presente al centro della storia e di interagire quasi con i suoi personaggi.
La particolarità della scrittura e il tema trattato, per noi occidentali esotico e pieno di fascino, rendono questo romanzo misterioso e piacevole e spronano a conoscere ed ad avvicinarsi maggiormente alla cultura turca, all'arte delle miniature e alle tradizioni di un mondo per certi versi lontano dal nostro, ma lacerato dalle stesse contraddizioni. La dicotomia tra modernità e tradizione, al centro del romanzo di Pamuk caratterizza, oggi come allora, non solo il mondo islamico, ma anche quello europeo, ed è stata analizzata e rappresentata da diversi scrittori occidentali, uno per tutti Il Nome della Rosa di Umberto Eco, con cui Il Mio nome è Rosso presenta diverse analogie.

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Guarda il video di un'intervista (in inglese) a Orhan Pamuk:


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venerdì 5 settembre 2008

MARE DELLE VERITA' - Andrea De Carlo

Nel 2016 la popolazione mondiale raggiungerà la cifra di 7 miliardi e 679 milioni di persone, circa un miliardo in più rispetto ad oggi.
E' in grado la terra di sostenere un tasso di crescita così rapido?
Questo è ciò su cui prova a farci riflettere Andrea De Carlo nel Mare delle Verità. Si tratta di un tema importante e di attualità e il tentativo di De Carlo di presentarlo al grande pubblico con un romanzo è sicuramente lodevole. Peccato però che a questa tematica l'autore ne mescoli molte altre: la Chiesa e l'aids, l'arrivismo della politica, la difficoltà dei rapporti familiari ai giorni nostri. Troppa carne al fuoco per un romanzo che vuole intrattenere e si presenta come una storia d'avventura e d'amore.
Alla fine della lettura, infatti, quello che rimane è un senso di incompiutezza. Nessuna delle vicende aperte arriva ad una conclusione, a parte quella amorosa che è, tra tutte quelle presentate nel Mare della Verità, quella meno importante.
Il tentativo di sensibilizzare il lettore sui temi ambientali e sullo sviluppo sostenibile si disperde nel corso del romanzo in un agglomerato di rivoli che si allargano a partire dal tema principale senza mai reincontrarsi.
E' un peccato perchè la scrittura di De Carlo è avvincente e piacevole e ci si aspetta da un momento all'altro un evento che risolva in qualche modo le diverse situazioni. Un evento che non arriva mai.

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venerdì 8 agosto 2008

LA SOLITUDINE DEI NUMERI PRIMI - Paolo Giordano

I matematici definiscono numeri primi gemelli due numeri primi separati da un solo numero pari, vicini ma mai a sufficienza per toccarsi davvero.
Così come accade a Mattia ed Alice, i due protagonisti dell'opera prima di Paolo Giordano, giovane scrittore torinese vincitore del premio Strega 2008, le cui esistenze si incrociano e si intrecciano senza mai toccarsi.
Mattia ed Alice hanno avuto un'infanzia difficile, segnata per entrambi da un episodio drammatico le cui conseguenze li accompagneranno per tutta la vita. La loro amiciza, prima, e il loro amore inespresso, poi, potrebbe essere l'ancora di salvezza a cui aggrapparsi per uscire insieme dal proprio guscio, ma nessuno dei due sarà in grado di fare il passo necessario per lasciare la fredda abitudine della propria solitudine.
Il mondo raccontato da Giordano è pieno di solitudini. Quello dei genitori, non in grado di comunicare con i propri figli, quello degli adoloscenti, alle prese con le prime sfide e le prime delusioni, quello di chi si sente diverso e si nasconde, quello di chi cerca disperatamente un amore. Ogni tanto però appaiono degli sprazzi di serenità che fanno sperare di non dover essere soli per sempre.
La scrittura e lo stile crescono man mano che i protagonisti diventano adulti, dal tono semplice e diretto dei primi capitoli si passa col procedere della narrazione ad un linguaggio sempre più strutturato e complesso, a testimoniare i cambiamenti nel modo di pensare e di vedere il mondo di Mattia e Alice.
Un buon libro, piacevole e ben scritto, che parla di giovani senza scadere nelle banalità, quelle che contradistinguono molti degli scrittori da classifica degli ultimi anni.

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sabato 5 luglio 2008

FEBBRE A 90° - Nick Hornby

Quante volte vi siete chiesti, guardando in televisione una di quelle partite brutte, noiose e magari giocate sotto una pioggia battente chi glielo facesse fare ai tifosi di stare lì ad assistere?
Cosa spinge un tifoso a seguire la sua squadra del cuore anche quando questa inanella una serie infinita di sconfitte e pareggi?
Il libro di Hornby ci aiuta a capire tutto questo raccontandoci 30 anni di storia dell'Arsenal visti dall'autore stesso tifoso sfegatato.
In realtà sarebbe troppo riduttivo definire febbre a 90° semplicemente un libro sul calcio e sul tifo. Il gioco e il rapporto con esso dell'autore diventano un espediente per raccontare una vita e i meccanismi che regolano le nostre esistenze. Si tratta per certi versi di un romanzo di formazione che vede il protagonista affrontare i problemi della sua adolescenza e del suo diventare adulto, sempre accompagnato dalle gioie, poche, e dai dolori della sua squadra di calcio.
Febbre a 90°, primo libro di Nick Hornby, è un romanzo che sorprende per le diverse sfaccettature che presenta e per la sua capacità di divertire.
Un romanzo per tutti, tifosi di calcio e no.

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Guarda uno spezzone del film Febbre a 90° tratto dal libro


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lunedì 30 giugno 2008

L'ELEGANZA DEL RICCIO – Muriel Barbery

Tutti noi siamo paragonabili a un riccio. Tutti, chi più chi meno, tendiamo a costruirci intorno una corazza di aculei dietro cui nascondere la propria essenza per timore di essere giudicati o per non deludere le aspettative che gli altri hanno su di noi e sul nostro ruolo all'interno della società. Quando però si trovano le persone giuste, in grado di vedere al di là della corazza di aculei, allora e solo allora, nascono le vere amicizie.
Nel suo romanzo Muriel Barbery ci racconta di due ricci che si incontrano, di un'amicizia, a prima vista improbabile, tra la portinaia di un elegante palazzo parigino, amante dell'arte e della filosofia, e una ragazzina, intelligente ed introversa, che ha già deciso la data della sua morte.
Sono molti gli elementi che rendono L'Eleganza del Riccio una lettura piacevole. Tra questi spiccano i personaggi ben caratterizzati e in grado di rappresentare al meglio l'aridità e l'ottusità di una certa classe borghese. La presenza di una doppia voce narrante, la portinaia e la ragazzina, rendono l'intreccio del romanzo mai banale. La scrittura della Barbery è sempre molto elegante.
Nonostante questo però il romanzo non riesce ad emozionare e ad appassionare come dovrebbe a causa delle eccessive dissertazioni filosofiche, e non sempre particolarmente originali, in cui l'autrice scade e che rendono i personaggi talvolta poco credibili.
Sicuramente, una volta finito, guarderete con occhi diversi e liberi da pregiudizi la vostra portinaia e chi vi sta intorno.

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venerdì 20 giugno 2008

FONDAZIONE - Isaac Asimov

Quello della Fondazione è un ciclo di romanzi dalle dimensioni ciclopiche. Lo stesso Asimov, quando lo iniziò, probabilmente non aveva in mente un così vasto sviluppo, è stato solo in un secondo momento che prese la decisione di collegare gran parte delle sue opere con uno stesso filo conduttore. Ottenendo tutto sommato un risultato abbastanza coerente.
Ma non è per questo che il ciclo della Fondazione verrà ricordato. Ciò che lo ha reso una delle opere più apprezzate della fantascienza a livello mondiale è la geniale intuizione che sta alla base di tutto, quella “psicostoria” grazie alla quale, in funzione di complessi calcoli matematici e statistici, la scienza è in grado di prevedere il futuro con estrema precisione, purché il campione sul quale i dati vengono elaborati sia composto da un gran numero di individui. La scienza quindi era in grado di prevedere con successo il destino dei popoli che, all'epoca in cui è ambientato il romanzo, avevano colonizzato la galassia.
Tutto ebbe inizio con il romanzo “Prima fondazione”, conosciuto anche come “Cronache della galassia”. Il primo capitolo inizia con quella che potremmo definire una grandiosa overture, di proporzioni così eccezionali da far impallidire qualunque kolossal cinematografico. Qui si viene a conoscenza della psicostoria e del suo inventore e del fatto che egli intenda dare vita a quella che sarebbe diventata la più grande istituzione della storia umana, cioè un'immensa enciclopedia in grado di raccogliere tutto il sapere di migliaia di anni di Storia. Gli scienziati della Fondazione avrebbero ricoperto questo incarico, col fine ultimo di preservare l'umanità dalla barbarie che si sarebbe scatenata dopo il crollo del pachidermico impero galattico, il cui declino era stato previsto appunto dalla psicostoria.
C'è parecchia carne al fuoco in questa premessa, non c'è da stupirsi che Asimov abbia avuto materiale per scrivere così tanti libri. Colpisce l'idea di una sorta di destino ciclico dell'umanità, una simmetria con l'impero romano, a seguito del quale ci fu un impoverimento culturale, limitato parzialmente dai monaci cristiani che avevano tentato di salvare il salvabile trascrivendo con cura il sapere umano dell'epoca su un altissimo numero di libri. La Fondazione di Asimov ha lo stesso scopo, qui però non abbiamo a che fare con monaci ma con scienziati, paradossalmente i futuri rappresentanti del nostro lato più spirituale. Colpisce anche il fatto che questa idea di raccogliere e preservare il sapere cavalchi ogni epoca e trovi sempre nuovi adepti in grado di portarla avanti. Sembra anzi che negli ultimi tempi abbia subito una evoluzione, non più semplice raccolta di tomi rilegati, redatta da un gruppo di persone bensì vera e propria istituzione di livello mondiale, con la novità di lasciare l'accesso libero a tutti coloro che, rispettando certe regole di impostazione, intendano contribuire.
E` innegabile che molte delle intuizioni di Asimov si siano poi tramutate in realtà con largo anticipo rispetto alle epoche di cui lui narra e questa dell'Enciclopedia Galattica non fa eccezione, sebbene per adesso si possa chiamare al limite Enciclopedia Planetaria. Probabilmente è proprio questo il segreto del successo di pubblico di quello che è considerato il più grande scrittore di fantascienza di tutti i tempi: la capacità di proporre un futuro remoto plausibile, dove l'uomo è protagonista in uno scenario maestoso e stimolante, dalle possibilità infinite, ricco di sfide e di conquiste.

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sabato 14 giugno 2008

CHE TU SIA PER ME IL COLTELLO - David Grossman

Raccontarsi a uno sconosciuto sembra essere sempre più semplice che farlo con chi ci sta accanto e ci conosce. Solitamente si teme il giudizio delle persone care o di esporsi troppo offrendosi completamente all'altro. Questo tipo di pericolo, invece, siamo portati a pensare, non si può presentare con uno sconosciuto, con una persona che non abbiamo mai visto e che non vedremo mai più. Si dimentica però che il pericolo non è raccontarsi a qualcun'altro, ma raccontarsi a se stessi. E da se stessi, nel caso in cui si ci scopra troppo, è difficile fuggire.
Lo impareranno a loro spese i protagonisti del romanzo epistolare "Che tu sia per me il coltello" di David Grossman. Un uomo vede ad una festa una donna e, colpito dalla sua figura, le scrive una lettera proponendole di intraprendere un rapporto totale e aperto, libero da ogni velo e basato esclusivamente sulla parola. Inizia così per entrambi un viaggio intimo e profondo verso l'altro, ma soprattutto in se stessi, che li porterà a scoprire e rilevare elementi della propria personalità che sempre avevano tenuto nascosti. Ma la profondità di questo rapporto spaventa l'uomo che finisce col decidere di continuare la propria esistenza, ricacciando indietro tutto ciò che lo scambio di lettere aveva portato a galla. E' un racconto intimo, suggestivo in cui Grossman ci svela la potenza e la sensualità delle parole, aiutandoci a capire quanto sia difficile raggiungere e capire l'intimo dell'altro e di se stessi.

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mercoledì 11 giugno 2008

GUERRA E PACE - Lev Tolstoj

Come un affresco grande quanto una parete, Guerra e Pace rappresenta un'epoca, un paese, un popolo, con la maestosità e la completezza del capolavoro. Siamo di fronte a una vera e propria opera d'arte, consapevole di esserlo. L'impressione infatti è che mentre Tolstoj scriveva la sua storia, già sapesse che si sarebbe trattato di un classico immortale.
La penna del Maestro tratteggia la vita e il mondo della nobiltà russa dell'epoca napoleonica ma lo fa con un piglio divino, egli si fa gigante, si erge oltre il visibile e osserva dall'alto ogni avvenimento, limitandosi a descriverli come se fosse ovunque e sapesse tutto, sempre e in ogni luogo.
Affrontare un tomo come questo vuol dire farsi piccolo piccolo, tornare bambini, sedersi sulle ginocchia di Lev e lasciarsi trasportare dalla sua favola. Vivremo gli amori, le emozioni, le sconfitte dei personaggi, la guerra che ne stravolge le vite, i cambiamenti, la loro intera esistenza che si dipana sotto i nostri occhi con una scorrevolezza disarmante. Perché poi la cosa bella è che Guerra e Pace, a dispetto delle sue dimensioni, non è un libro pesante, difficile o noioso. Al contrario, è avvincente, appassionante, si vorrebbe non finisse mai. E quando finisce non resta che alzarsi in piedi e applaudire spellandosi le mani, che altro si potrebbe fare?
Tolstoj ha le idee chiare su quello che scrive. E non intende nasconderlo. Egli è un convinto sostenitore della teoria del determinismo, ogni evento ha una causa ben precisa, ogni decisione viene presa non in base all'umore del momento ma perché gli eventi succedutisi fino ad allora ci spingono inevitabilmente verso una direzione ineluttabile. Questa sorta di forza universale agisce su tutti noi e tanto più la nostra posizione ci consente di esercitare il potere sugli altri, tanto più questa forza ci condiziona, ci fa schiavi.
Detto così sembrerebbe che Tolstoj ci condanni a una vita già decisa, privandoci del diritto al libero arbitrio, cosa che non può che riempirci di amarezza. In realtà, come dicevo, la cosa è legata al potere di cui disponiamo. Ecco allora che Napoleone, imperatore d'Europa, soffre più di chiunque altro di una simile gabbia. Il grande condottiero viene dipinto come un uomo costretto a prendere decisioni che in apparenza sembrano basarsi sulle proprie scelte ma che invece sono sempre sospinte dalla piega degli eventi nei quali si trova coinvolto. Così, mentre tutti inneggiano alla sua sagacia, egli, dentro di sé, sa che le sue mosse sono dirette non già da una propria geniale intuizione ma dalla necessità del momento.
E' il contrario di quanto accade invece al più miserabile degli uomini, al quale è concessa piena libertà di vivere. Il semplice è l'unico che può permettersi il lusso di essere veramente libero.

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domenica 8 giugno 2008

RACCONTI - Edgar Allan Poe

L'esperienza della lettura è tanto più bella quanto più la si vive con trasporto. Un racconto ben scritto è in grado di comunicare emozioni con la stessa intensità di un brano musicale o di una pellicola cinematografica, pur senza l'ausilio dei sensi.
Ma qui ci vuole cautela. Quando ci accingiamo a leggere un racconto di Poe, quello che abbiamo fra le mani non è più una pagina di un libro ma una finestra sul mondo degli incubi. Non ce ne accorgiamo ma se potessimo vederci da fuori mentre siamo assorti nella lettura, ci scopriremmo con la fronte aggrottata, i nervi tesi, turbati, come se un mostro nero fosse pronto a balzar fuori e ad aggredirci. Ce ne rendiamo conto solo alla fine, quando chiudiamo il libro e allora sorridiamo di noi stessi, sorpresi. Ci sarà la solita pantomima, dove giuriamo e spergiuriamo che Poe non ci ha affatto terrorizzati, che i suoi racconti sono vecchi, roba da bambini e non fa più paura a nessuno. Poi, quando meno te lo aspetti, ecco un ricordo che salta fuori, uno spettro che ti aspetta dietro l'angolo, una bestia che balza dal muro, un tentacolo che striscia su per le gambe. E i brividi scorrono su e giù per la schiena. Allora Poe avrà colpito di nuovo.
La forza del grande maestro del terrore non sta nel modo in cui solletica i sensi. Non si parla di sangue, di morti ammazzati o altre atrocità del genere. Il suo terreno di sfida sono gli incubi, la parte insondabile della nostra mente che meno siamo in grado di controllare, quella più vulnerabile, quella che cerchiamo in tutti i modi di tenere al riparo perché sappiamo che, se viene sollecitata, non può far altro che subire, accusare il colpo.
Poe sa sempre dove e come affondare il suo stiletto e vince, senza possibilità di appello. A noi non resta che restare sul terreno, a tamponare la ferita, a cercare di capire dove abbiamo sbagliato e tentare, se possibile, di migliorare le difese per affrontare il prossimo attacco.

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venerdì 6 giugno 2008

VISIONI DAL FUTURO - Philip K. Dick

Questo è il titolo che l'editore Fanucci ha dato a una raccolta che comprende il romanzo “Ma gli androidi sognano pecore elettriche?” e altri racconti.
Leggere un'opera di Dick significa prepararsi a provare angoscia, quella che ci prende quando ci troviamo soli, al buio, in un luogo che non si conosce. Nelle storie di Dick non esistono punti fermi, non esistono certezze, ogni volta che si ha finalmente la sensazione di aver acquisito un risultato, ci si accorge, spesso quando ormai è troppo tardi, che qualcosa ci era sfuggito, un dettaglio apparentemente insignificante e invece determinante, grazie al quale avremmo dovuto intuire che qualcosa non andava, che c'era un inganno, un imprevisto. La novità in Dick è che, a differenza di un'impostazione kafkiana, dove l'individuo finisce col rappresentare la vittima senza speranza di un meccanismo perverso, qui, nel pieno di una perfetta coerenza, nessuno può sentirsi al sicuro, nemmeno coloro che apparentemente manovrano le leve di comando. Ce n'è per tutti, grandi e piccoli, forti e deboli, buoni e malvagi.
Nelle visioni dal futuro di Dick, l'uomo ha ormai perso ogni contatto con il mondo da cui proviene, la tecnologia invade ogni cosa, dentro e fuori il corpo umano e il suo creatore finisce col diventarne vittima, anche quando è convinto di esserne l'assoluto padrone. C'è un momento in cui egli si rende conto che la situazione gli sta scappando di mano ma sarà fatalmente sempre troppo tardi. L'uomo firma inevitabilmente la sua condanna, è colui che passa inconsapevolmente il testimone di nuova razza dominante, con l'ulteriore beffa di rendersi conto anche del fatto che questa, in quanto suo stesso prodotto, è fallace e non potrà sostituirsi al suo creatore con successo, al fine di riuscire laddove egli ha fallito. Una vera condanna senza appello.
Si ha la sensazione che Dick disprezzi se stesso e i suoi simili, ci accusa di avidità, di scarsa lungimiranza, siamo un treno in corsa, talmente lanciato da non preoccuparsi nemmeno di guardare se ci sono ancora binari da percorrere di fronte a sé. La vocazione ecologista di Dick è evidente ma resta sempre e solo sullo sfondo, un ricordo sbiadito e nulla più. In tutti i racconti c'è sempre la guerra, l'unica, vera, grande piaga che ci porterà alla rovina, una guerra in corso o appena passata che lascia dietro di sé una scia indelebile, che si porta via qualcosa del vecchio mondo che non avremo più modo di ritrovare. E così, pezzo dopo pezzo, smontiamo noi stessi, fino a rimanere con niente se non un incolmabile rammarico.
E` spietato, Dick, non ci lascia scampo, ci sbatte la sua verità in faccia e lo fa con sarcasmo, con cinico disprezzo. E` profondamente inquietante e purtroppo tremendamente attuale. Non è un caso che così tanti registi traggano film di cassetta dai suoi racconti. La verità è che, nel nostro inconscio, noi sappiamo che questa fantascienza potrebbe non essere così fantasiosa. E` un altro specchio nel quale abbiamo paura di guardare. Dick ci prende per i capelli, ci trascina davanti ad esso e ci fa guardare.

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lunedì 2 giugno 2008

RICORDA CON RABBIA - John Osborne

Ricorda con rabbia di John Osborne è una commedia dura dove anche il lieto fine lascia comunque l'amaro in bocca e l'amore, pur trionfando, si prospetta essere doloroso e autodistruttivo.
Al contrario dello schema tradizionale delle commedie inglesi dove l'uomo dell'alta borghesia lotta contro il mondo per far salire al suo rango una ragazza di umili origini, qui è la ragazza borghese che si declassa per amore di un giovane povero e senza prospettive.
Alison, la protagonista dell'opera di Osborne, ha il bisogno di sentirisi vittima e di soffrire per amore al fine di espiare le colpe della sua classe, la upper middle class inglese che proprio negli anni '50 comincia a veder crollare la propria identità.
Jimmy Porter, marito di Alison, a sua volta necessità di sentirsi giudice e carnefice di quella stessa classe che tanto odia, anche se questo significa rifarsi sulla donna amata. E' su queste basi che si fonda il rapporto tra i due che non può essere certo felice, un rapporto quotidiano fatto di continue invettive e sproloqui da parte di Jimmy, perennemente arrabbiato.
Nel 1956, quando fu rappresentata per la prima volta nei teatri inglesi, la commedia scandalizzò il pubblico inglese, non tanto per il linguaggio volgare, quanto per il fatto che per la prima volta veniva rappresentata la realtà della generazione inglese sotto i trent'anni, con le sue aspirazioni e i suoi fallimenti e la sua rabbia verso tutto ciò che aveva segnato per lungo tempo la vita inglese.
Al lettore moderno quello che rimane non è tanto la frustrazione causata dalla differenza di classe, ma la fatica legata ad un rapporto amoroso in cui l'uno riversa le proprie repressioni sull'altro e che tuttavia proprio su questo si basa. E stupisce il fatto che, nonostante tutto, entrambi non possano fare a meno l'uno dell'altro.

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domenica 1 giugno 2008

L.A. CONFIDENTIAL - James Ellroy

Libro faticoso, questo. Non perché sia di difficile lettura, al contrario, lo stile di Ellroy è talmente diretto ed essenziale che è davvero alla portata di tutti. E' la trama ad essere complicata, esposta in modo non lineare, piena di salti logici, di repentini cambi di scena. Ci sono tanti di quei nomi che diventa difficile ricordarsi di chi si sta parlando in un dato momento. E gli indizi, frammentari, sparsi lungo tutta la trama, cosa che rende ancor più difficile correlare i fatti, che si susseguono velocemente. Ho trovato davvero difficoltoso capire in certi momenti cosa stesse davvero accadendo e perché, al punto che, quando i personaggi si producono in certe deduzioni o rimangono colpiti da fatti che possono dare una svolta allo svolgimento della trama, non mi resta che prenderne atto e "fidarmi" di loro, facendomi trascinare in un vortice inarrestabile fino alla fine, nella speranza che, allora, avrò capito qualcosa.
Ma non è così purtroppo, gli enigmi vengono illustrati e le soluzioni fornite senza che si riesca ad apprezzarne il senso. Rimane solo un gran frastuono, quello prodotto dai colpi di pistola, dai litigi dei vari personaggi, dagli ambienti sordidi che frequentano. Non posso sapere però se questo è quello che Ellroy intendeva mettere in evidenza. Se è così, ci è riuscito. Se invece intendeva dire qualcos'altro, temo di non averlo colto oppure di non esserci riuscito del tutto.
Provo allora ad approfondire, ad "espandere le mie sensazioni", come diceva quel tale ed ecco che emerge un senso di non-conclusione. Forse quello che Ellroy intende esprimere è la totale incapacità delle istituzioni di sganciarsi dal suo nemico, il crimine. Non solo non lo sconfigge, ci si mischia, lo alimenta, coloro che dovrebbero far rispettare le leggi sono i primi ad infrangerle. Il cinismo raggiunge livelli disperati e tutto ciò che spinge gli uomini a cercare la Giustizia sono motivazioni puramente personali. Niente idealismi, niente atti di eroismo fini a se stessi, vige la legge del più forte, in una eterna partita a guardie e ladri, dove già si sa che non ci saranno vincitori. Una visione estremamente negativa, che lascia l'amaro in bocca.
A quanto pare Ellroy, con "L.A. Confidential", ci comunica più di quanto non sembri a prima vista. Purtroppo esagera con l'intreccio, esagera con le situazioni estreme, con il linguaggio rude e volgare, esagera un po' con tutto. E si finisce col perdere il gusto della lettura, subentra un po' di noia e non si riesce ad appassionarsi a nessuno dei tanti personaggi che popolano la trama. Ma forse, anche questo era voluto. A ciascuno la scelta di apprezzarlo o no.

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lunedì 26 maggio 2008

LA MARCIA DI RADETZKY - Joseph Roth

La marcia di Radetzky di Joseph Roth è l'affresco della caduta dell'impero asburgico raccontatoci attraverso le gesta della famiglia Trotta in un continuo intrecciarsi del destino dei singoli con lo sviluppo storico. Il declino dei Trotta ci conduce parallelamente alla fine della monarchia austro-ungarica. Roth ci presenta un progressivo impoverimento degli stimoli e della voglia di vivere da una generazione all'altra, ognuno dei componenti della famiglia Trotta cerca, infatti, nei propri padri l'esempio a cui ispirarsi risalendo di generazione in generazione ad un'età d'oro che ormai non esiste più.
Si tratta della rappresentazione dei sentimenti di smarrimento provati dall'autore stesso che si è trovato a vivere il declino di questa realtà per lui destinata a durare per sempre (l'opera è stata scritta da Roth nel 1932). I personaggi della marcia di Radetzky si muovono come autonomi tra valori cavallereschi (i duelli per difendere il proprio onore) e la povertà di stimoli che il declino di questi stessi valori comporta.
Roth riesce a rappresentare in maniera ironica e disincantata i sentimenti che attraversavano quell'epoca: paura, debolezza, orgoglio, onore e l'incapacità di comprendere le istanze portate dai nuovi tempi e dalle nuove concezioni politiche più vicine al popolo.

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sabato 17 maggio 2008

LA LEGGENDA DI DRUSS - David Gemmell

Tutti coloro che hanno amato il personaggio di Druss nella Leggenda dei Drenai e hanno sempre desiderato saperne di più sul loro beniamino, qui trovaranno di che placare la propria curiosità.
Gemmell racconta la vita di un personaggio destinato a tracciare un solco indelebile nella storia dell'impero Drenai e a lasciare un ricordo in tutti i popoli incontrati nella sua lunga e avventurosa vita. E ce ne sono di cose da dire, su un uomo che, da semplice taglialegna, si trasforma in eroe per andare alla ricerca della propria moglie, rapita da una banda di schiavisti. Soprattutto perché non si tratta di un semplice susseguirsi di azioni mirabolanti ed esagerate. C'è una crescita, un percorso, che porta Druss a prendere coscienza di sé, delle proprie potenzialità e dei propri limiti. Druss affronta di petto le situazioni, spesso pagando conseguenze, subendo sconfitte. Il suo è un atteggiamento spregiudicato, anche un po' sbruffone, a causa del quale finisce nei guai ma la sua innata forza d'animo, il suo coraggio, la sua inesauribile fiducia nei propri mezzi e nel proprio coraggio lo porteranno lontano, trasformandolo in una vera e propria forza della natura, in grado di travolgere ogni ostacolo e di guadagnarsi la stima di amici e nemici.
Druss piace perché rappresenta la forza, la perseveranza, il coraggio, la rettitudine. Druss ha le idee chiare, sa dove vuole andare, non sa come arrivarci ma lo scoprirà strada facendo, nulla e nessuno possono distoglierlo e se qualcuno ci prova, troverà Snaga, la terribile ascia che non perdona, a spianargli la strada.
Un personaggio estremo ma, proprio per questo, speciale.


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martedì 13 maggio 2008

LO HOBBIT - J.R.R. Tolkien

Questa è una fiaba per bambini. Come tale, deve essere letta al proprio bambino seduti sul divano. Un capitolo per volta, godendo di ogni singola pagina. Ci vorrà un po' di tempo. Quando sarete giunti alla fine, vostro figlio sarà cresciuto, in tutti i sensi.
Qui c'è tutto: l'avventura, il senso del meraviglioso, il piacere della scoperta, i pericoli dell'ignoto, le insidie della mente umana. C'è l'amicizia, la fedeltà, la perseveranza, l'astuzia e il coraggio, ma c'è anche la perfidia, l'invidia, l'avidità, la diffidenza.
Spesso Lo Hobbit viene semplicemente trattato come il prologo del Signore degli Anelli ma è riduttivo. Quest'opera vive di vita propria, ha una propria energia, una propria ricchezza, ci sono una quantità di temi sui quali riflettere. Non si risolve tutto in una semplice lotta fra il bene e il male, qui la questione viene trattata con maggiore attenzione: ci sono coloro che rappresentano il male ma ci sono anche quelli che ne sembrano corrotti e che invece sono tristemente traviati da altre cause. C'è la tragica figura di Thorin Scudodiquercia, schiacciato sotto il peso del proprio stesso orgoglio, l'infida ma pietosa esistenza di Gollum, la selvaggia e paurosa natura di Beorn, giudice imparziale ma tremendamente severo, la saggezza di Gandalf che con un occhio rimprovera e con l'altro incoraggia e infine l'eroico, piccolo uomo, colui che non viene considerato da nessuno e che non vuole essere considerato perché sta bene lì dov'è ma che la Storia inevitabilmente finisce col travolgere, obbligandolo a scoprire risorse di cui lui stesso non era a conoscenza, con le quali stupirà tutti, lui prima di ogni altro, che non chiede di essere riconosciuto, né tanto meno lo pretende, perché non c'è tempo da perdere in inutili chiacchiere, c'è da fare un lavoro, che se non si farà al momento giusto, potrebbe non esserci più il tempo per farlo e allora come avremo la possibilità di tornare alle proprie case accoglienti, dove un buon tè caldo ci aspetta? In quella splendida caverna hobbit dove vive il signor Bilbo Baggins, un luogo meraviglioso dove tutto ebbe inizio e tutto un giorno avrà fine.


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sabato 10 maggio 2008

DURA MADRE - Marcello Fois

Un thriller duro legato alla terra e a valori ancestrali, una storia dei giorni nostri che è anche una vicenda antica, un romanzo in cui presente e passato si mescolano per svelarci infine la verità. Questo è Dura Madre Di Marcello Fois.
La verità che si nasconde dietro la vicenda di Dura Madre è una verità corale che appartiene a tutti e Fois ce la svela un pezzo per volta facendola raccontare direttamente dalle parole dei protagonisti.
Il risultato è un libro caratterizzato da personaggi ruvidi che si muovono sullo sfondo di una Sardegna affascinante e misteriosa.



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sabato 3 maggio 2008

MISTERI D'ITALIA (I casi di Blu Notte) - Carlo Lucarelli

Nel leggere questo libro, in cui Lucarelli ha raccolto alcuni dei casi presentati nel programma televisivo Blu Notte Misteri D'Italia, è facile dimenticarsi che si tratta di fatti realmente accaduti o pensare che siano solo geniali invenzioni di un giallista di talento.
Purtroppo non si tratta di finzione e Lucarelli è bravo a ricordarcelo, svolgendo a pieno il suo ruolo di cronista della memoria che si limita a presentare i fatti.
Nel momento in cui ci si ricorda che si tratta di realtà si viene presi da un sentimento di indignazione, non solo perchè sono potuti accadere certi avvenimenti, ma soprattutto perchè di questi avvenimenti non si parla e si tende a dimenticarli.
Questa indignazione si mescola con un sentimento di stupore nello scoprire le trame oscure, i poteri occulti che hanno operato e forse operano ancora, nella nostra democrazia.

Visita il sito di Carlo Lucarelli

Guarda un estratto della trasmissione di Carlo Lucarelli:


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IL PIANO INFINITO - Isabel Allende

Quante volte gli uomini hanno pensato di riscattare un'infanzia sofferta ed esperienze difficili attraverso l'accumulo di beni e di potere? Non sempre però, pur raggiungendo i risultati desiderati, le vecchie ferite si chiudono. Anzi, spesso, se ne aprono di nuove.
Questo è quello che capita a Gregory Reeves, protagonista del romanzo dell'Allende, che dopo anni passati ad accumulare beni per riscattare la propria infanzia, unico bianco in un quartiere latino, la presenza ingombrante del padre, predicatore di un culto di sua invenzione, e una terribile esperienza in Vietman, si ritroverà comunque a fare i conti con i mostri del passato.
Conti che salderà solo attraverso un duro processo catartico che lo porterà a dare il giusto valore a ciò che lo circonda.
All'interno del Piano infinito si muovono varietà di personaggi colorati, caratteristici e forti che accompagnano la vita di Reeves che, grazie all'abilità descrittiva dell'autrice, segnano l'immaginario del lettore esattamente come il carrozzone presente nelle prime pagine del romanzo.

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Guarda questa esposizione (in lingua inglese) di Isabel Allende:

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lunedì 28 aprile 2008

BAUDOLINO - Umberto Eco

Quello di Baudolino, protagonista di questa gustosissima opera di Umberto Eco, si potrebbe definire un “viaggio allucinante”. Così tante sono le avventure e le peripezie affrontate dal nostro eroe, che, proprio come colui cui il protagonista racconta le proprie imprese, viene da chiedersi se sia tutto vero. E non sarebbe poi un dramma così terribile dare del mentitore a un simile cantastorie, se non fosse che gran parte delle sue vicende hanno un posto di riguardo nei grandi eventi che hanno caratterizzato l'epoca medievale ai tempi di Federico Barbarossa. Sì perché la storia di Baudolino si intreccia più volte con la Storia, quella che si impara a scuola, tanto che lui stesso, più o meno consapevolmente, finisce, se non proprio col tracciarne i solchi, se non altro a decidere la profondità e l'ampiezza di quei solchi. E` logico che poi nasca il dubbio in chi legge: chi ha scritto la Storia? Si tratta veramente di un grande fiume inarrestabile la cui corrente è talmente impetuosa che non può che essere riportata così com'è da chi la descrive? O invece è possibile che nel tempo, coloro che hanno avuto l'incarico di raccontare le gesta dei potenti, abbiano dato un resoconto più o meno influenzato dalla convenienza del momento?
Forse Eco vuole tentare di promuovere il revisionismo o forse più semplicemente vuole puntare il dito sull'unilateralità delle cronache storiche, che ne minano l'obiettività, non consentendo così a chi legge di apprendere la verità vera su ciò che è accaduto. Potremmo altrimenti scoprire che grandi personaggi non hanno poi compiuto gesta altrettanto grandi e che piccoli atti di eroismo sono stati in realtà molto più decisivi di quanto si voglia far credere.
E` il punto di vista che Eco vuole mettere in discussione, fornendone uno senza la pretesa di essere più o meno valido di un altro ma senza dubbio diverso e che quindi invita alla riflessione pur lasciando al lettore il piacere di una storia divertente e per certi versi sorprendente.


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FUGA DAI PIOMBI - Giacomo Casanova

Quello di Giacomo Casanova è il libro che non ti aspetti. Si tratta del resoconto dei giorni di prigionia passati dallo stesso scrittore nelle carceri veneziane, cosiddette “Piombi”, ai tempi in cui Venezia era potente. Potrebbe apparire una storia noiosa eppure l'autore possiede un'innata capacità di narrare, in grado di tenerti inchiodato fino all'ultima pagina, condividendo con lui ogni singolo giorno di sofferenza, dentro una cella così simile all'inferno da farti mancare il fiato. E la tensione sale quando il nostro eroe tenta, come rivela lo stesso titolo, la fuga da quello che era considerato un carcere di massima sicurezza per l'epoca.
Questo libro, oltre a regalare ore di intense emozioni, offre al lettore uno spaccato di quegli anni, con un'accuratezza di certi dettagli relativi alla vita quotidiana veramente sorprendenti. Si viene così a scoprire come la calunnia fosse un'arma davvero pericolosa, come si potesse giungere a un duello all'ultimo sangue e quale fosse tutto il complicato cerimoniale da seguire secondo le rigide regole cavalleresche. Inoltre il Casanova era un vero uomo di mondo, pieno di risorse e di amici (e nemici) potenti, circostanze che certo non rendevano la sua una vita monotona.
“Fuga dai Piombi” è un'autobiografia, tra l'altro solo parziale, perché Casanova ha scritto altre opere dello stesso tipo, interessante e divertente, perché tale era lui stesso, un personaggio straordinario.


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domenica 27 aprile 2008

IL BUIO OLTRE LA SIEPE - Harper Lee

Quando pensiamo all'America saltano subito alla mente immagini da cartolina: i palazzi di Manhattan, le luci di Las Vegas, le spiagge della California. Ma l'America possiede anche un altro volto, meno appariscente e molto ma molto più provinciale. Un volto fatto di campi sterminati, di strade che percorrono il nulla e di cittadine immerse nel silenzio della campagna. Sono luoghi questi, dove la gente non fa tardi, se non durante le feste comandate, dove le porte di casa vengono lasciate aperte e tutti si conoscono. Luoghi tranquilli ma nei quali gli echi della grande città giungono lontani e riescono con difficoltà a stimolare le coscienze. Ecco che allora certe conquiste sociali che si danno per scontate, qui non lo sono affatto, se non sulla carta. Certe consuetudini, che arrivano da lontano, che non sono mai state messe in discussione e che permettono, a chi si tramanda il possesso di una proprietà da una generazione all'altra, di mantenere un certo potere sul loro piccolo angolo di mondo.
In questo libro, Harper Lee dipinge un paesaggio che non sembra risentire del passare del tempo, e lo fa attraverso gli occhi di una bambina alla quale un padre più colto della media dei suoi concittadini regala la possibilità di costruirsi un punto di vista più obiettivo, libero dai mille preconcetti del profondo sud in cui vivono. Ciò che ne emerge è il ritratto di gente gentile ma ignorante, nel senso letterale del termine, gente senza storia, che celebra i propri antenati attraverso il ricordo di un capitano dell'esercito o di un predicatore o di un maniscalco che per primi costruirono le loro case in quello che un giorno sarebbe diventato il centro della cittadina di Maycomb.
In definitiva, Il Buio Oltre La Siepe narra la storia di un popolo di immigrati, dove chi è arrivato prima, ha potuto costruire la propria fortuna e dove chi ci è arrivato tardi o vi è stato trascinato a forza, come i neri, non ha potuto fare altro che riunirsi in una comunità e tentare di sopravvivere. Cosa non facile quando chi comanda segue una legge che dovrebbe essere uguale per tutti ma che lo è solo quando la propria pelle è bianca.
Harper Lee è molto critica nei confronti dei suoi compatrioti e non li condanna perché si schierano, piuttosto li condanna perché non si schierano affatto, permettendo così che le ingiustizie continuino ad affliggere chi non ha la possibilità di difendersi.


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venerdì 25 aprile 2008

IL CLIENTE - John Grisham

Le istituzioni esistono per dare alla società delle regole e per farle rispettare. Fra esse ci sono le Forze dell'Ordine e la Magistratura che devono costituire un riferimento per il cittadino, in tutte quelle situazioni in cui un diritto previsto dalla Costituzione gli viene negato. Questo presuppone che fra il cittadino e l'istituzione esista la possibilità di parlarsi, di capirsi, requisito necessario per giungere alla reciproca fiducia.
Nel momento in cui il cittadino ha bisogno dell'istituzione, questo meccanismo spesso stenta a mettersi in moto. Nella sua spasmodica ricerca dell'obiettività, l'istituzione diventa prigioniera delle sue stesse regole e non riesce più a distinguere colui cui viene negato un diritto da colui che lo nega agli altri infrangendo la legge. L'istituzione diventa un gigante cieco e sordo, possente sì ma incapace di scendere a terra e rivolgersi a chi ha bisogno di essa. Ecco allora che il cittadino sprofonda in una solitudine che, quando si trova in una situazione in cui è a rischio la sua stessa vita, può spingerlo nel baratro della disperazione.
In questo libro il cittadino che ha bisogno della Legge è un bambino, il “cliente” appunto di un coraggioso avvocato che, vuoi per istinto, vuoi perché conosce molto bene i difetti di quel gigante di cui ella stessa è un ingranaggio, prende le difese di Mark, il piccolo e combattivo protagonista del romanzo, tentando di proteggerlo da chi vuole fargli del male e da chi dovrebbe proteggerlo a sua volta ma non riesce a farlo perché troppo impegnato a difendere se stesso.
Grisham conosce bene la materia e sfrutta tutta la sua abilità per mettere a nudo i difetti del “sistema”, un sistema in difficoltà che fa sempre più fatica a distinguere i buoni dai cattivi.


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DUNE - Frank Herbert

Frank Herbert ha saputo creare un mondo credibile, dotato di una propria coerenza, con una storia, una geografia, una politica, con un livello di dettaglio eccezionale, grazie al quale le sue storie ambientate nell'affascinante mondo desertico di Arrakis acquistano uno spessore in grado di coinvolgere efficacemente il lettore.
Tuttavia non è questo che rende Dune un libro memorabile. Herbert ha la sagacia e l'impudenza di scrivere una nuova genesi. Qui non ci si limita a raccontare le gesta di un eroe leggendario, qui si narra la storia di un profeta, un uomo atteso da un intero popolo, un uomo in grado di cambiare il destino di un mondo. Come un novello Zarathustra, Paul Atreides prende coscienza del proprio ruolo e si erge a guida spirituale, alla ricerca di una libertà perduta, di una purezza d'animo dimenticata fra le mille pieghe di una società decadente, una società incapace di reggersi sulle proprie gambe. Una società così disperata da aver dimenticato il concetto di Paradiso e che si dimena in una infinita e logorante lotta per la supremazia che non può portare ad alcuna conclusione. E` proprio questa invece la promessa del nuovo Messia, quella del cambiamento, della nuova via verso un'esistenza migliore, in definitiva di un obiettivo, in grado di regalare un senso a un'esistenza troppo arida e povera per poter essere accettata.

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IL CONTE DI MONTECRISTO - Alexandre Dumas

Immaginate di imbarcarvi su uno yacht e di partire per un lungo viaggio. Non sapete dove andrete né quando tornerete, di certo sarà un viaggio lungo, coinvolgente, anche istruttivo ma vi porterà dall'altra parte della terra e poi di nuovo a casa.
Questo è Il Conte di Montecristo, un viaggio di andata e ritorno, durante il quale ci si dovrà perdere, per ritrovarsi profondamente cambiati. Ma non si tratta di una partenza facile. In pochi sarebbero disposti a lasciare una vita semplice e tranquilla, con un futuro promettente, ricco di soddisfazioni che renderanno la propria esistenza degna di essere vissuta. Eppure, quando delle forze a noi estranee e fuori dal nostro controllo si mettono in moto e puntano senza incertezze in una direzione che le porterà ad attraversare il nostro cammino, non potremo fare altro che affrontarle e tentare di superarle. Se non ci riusciremo, verremo sconfitti e, se il destino sarà sufficientemente crudele, cadremo così in basso che non potremo mai più rialzarci.
A meno che... A meno che non sia proprio nel momento più disperato, quello in cui un uomo abbia la possibilità di scoprire riserve di energia di cui lui stesso non era a conoscenza, energie che gli permetteranno di risollevarsi e di osservare con occhi diversi, più consci, più maturi, chi era prima di conoscere il suo dramma e cosa aveva dovuto affrontare.
Il Conte di Montecristo racconta il dramma di un uomo e la sua trasformazione grazie ad esso. Tanta avventura è contenuta in questo libro di Alexandre Dumas, in una trama per certi versi bizzarra, che non ha nulla a che fare con quelle lineari, studiate a tavolino come si fa nei nostri giorni, una trama colma di salti e rimandi, spiazzante a volte ma proprio per questo energica e avvincente.
Una trasformazione dunque, non certo semplice ma anzi radicale, dolorosa ma necessaria, l'unica strada per sopravvivere al proprio destino e vincerlo.


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NOTRE DAME DE PARIS - Victor Hugo

La storia raccontata in questo libro da Victor Hugo è spietata, crudele e annienta il lettore con la propria brutalità. Tutto lo sdegno che l'autore nutre nei confronti dei propri simili viene riversato in queste pagine con una tale furia da lasciare avviliti. Terminata l'ultima pagina non possiamo che sentirci come il bambino che, preda della propria incontrollabile curiosità, afferra la farfalla per ammirarla più da vicino, senza capire che così facendo ne spezzerà le ali, impedendole per sempre di volare.
Notre-Dame de Paris rappresenta con efficacia la bellezza del mondo nelle sue diverse forme, anche quella umana, non solo del fisico ma anche del pensiero. E ciò che dona questa bellezza è l'amore, inteso come sentimento, unica ancora di salvezza alla quale aggrapparsi per raggiungere la redenzione. Chi non riesce o non vuole essere impregnato di amore, finisce col diventare arido, con l'apprezzare solo gli effimeri piaceri che possono dare un sollievo momentaneo al nostro vivere quotidiano ma che non offrono nulla alla nostra anima. Ed ecco che, privi di questo sentimento, di fronte alla farfalla, non riusciamo a coglierne la grazia e ci rendiamo grotteschi, poiché è una bellezza così evidente che non possiamo esserne indifferenti ma non la capiamo e, frustrati, l'acchiappiamo, per portarla vicino ai nostri occhi, osservarla con attenzione, come se, così facendo, potessimo finalmente penetrarne il segreto. Ma tutto ciò che saremo riusciti a fare, sarà distruggerla, senza nemmeno far fatica, perché l'amore non dà difese, l'amore rende fiduciosi e spinge ad abbandonarsi fra le braccia di qualcuno che crediamo abbia capito il nostro stesso sentimento e invece ne è privo. Quando questo verrà capito sarà troppo tardi, la farfalla sarà morta e la sua bellezza con essa.
Come dicevo, questo libro è spietato, lascia le guance brucianti laddove sono state schiaffeggiate e non offre una carezza per alleviare il dolore.


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mercoledì 23 aprile 2008

PRIMO COMANDO - Patrick O'Brian

La serie di romanzi di O'Brian dedicata al suo capitano di corvetta Jack Aubrey era già famosa prima che venisse celebrata nelle sale cinematografiche con il film Master and Commander.
In Primo Comando è narrato il modo in cui essa iniziò. Vengono presentati i personaggi, l'epoca, l'ambiente in cui si svolgono le avventure del nostro capitano e del suo fedele compagno dottor Maturin.
Coloro che apprezzano le storie di velieri, di corsari e di battaglie navali hanno di che placare il loro appetito. O'Brian dimostra di saper trattare la materia con competenza, anche da un punto di vista prettamente marinaro, tanto che non è facile, per chi non sia esperto, districarsi fra i mille termini di un vocabolario così ricco e specialistico. Grazie alla sua profonda conoscenza dell'argomento, O'Brian riesce a descrivere con estrema precisione l'ambiente nel quale le sue storie prendono vita, un mare ricco di avventure, in cui uomini coraggiosi come Jack Aubrey trovano ciò che non riescono altrimenti a trovare a terra: la gloria contro il nemico, la sfida nel domare gli elementi, la gratificazione che si prova nel saper condurre un apparentemente variegato e disordinato equipaggio come un'efficiente macchina da guerra.
Avventura quindi, allo stato puro, in balia di un destino mai certo, al quale gli uomini, molto romanticamente, si abbandonano, consci della propria volatilità al cospetto dell'immenso mare ma altrettanto convinti, proprio per questo motivo, di trarne la forza per compiere imprese eroiche e leggendarie.


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Leggi la nostra recensione del film di Peter Weir Master and Commander, che prende spunto da uno dei romanzi di questa serie

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LA LEGGENDA DEI DRENAI - David Gemmell

Ci sono storie che piacciono ma che vengono presto dimenticate. Altre invece restano, ci si scopre a ripensarci sorridendo e si finisce, prima o poi, col rileggerle, con lo stesso entusiasmo della prima volta.
La leggenda dei Drenai è una di quelle storie. Perché ha tutti gli ingredienti per essere considerato un classico della letteratura fantasy. Epico, romantico, violento. La trama è di quelle che ti tengono inchiodato fino all'ultima pagina, in un crescendo di tensione ed emozioni che si risolvono inevitabilmente nelle ultime battute. E non potrebbe essere altrimenti, quando ci si trova alle prese con una delle più grandi invasioni che il regno Drenai si sia mai trovato a fronteggiare, con il possente khan Ulric deciso a condurre il suo sterminato esercito composto dai mille clan Nadir riuniti sotto il suo carismatico governo, verso l'ultimo baluardo rimasto a difendere il decadente impero: l'immensa fortezza di Dros Delnoch.
Sulle sue mura, con l'intento di guidare una disperata resistenza, un gruppo di eroi segnerà la propria epoca e le loro gesta verrano cantate nei tempi a venire in una storia che verrà da tutti ricordata semplicemente come La Leggenda.
Poco importa se lo scrittore si lascia andare a qualche “forzatura” di troppo (che ovviamente non intendo rivelare ma che ciascuno avrà modo di notare), la storia è così avvincente, i personaggi così accattivanti che si è disposti a perdonare qualche peccatuccio, pur di lasciarsi coinvolgere e di farsi trasportare sulle mura di Dros Delnoch a difendere i Drenai contro l'assalto Nadir, spalla a spalla con il personaggio forse più riuscito di Gemmell, quel Druss “Morte che Cammina”, le cui imprese non potranno che appassionarci ancora una volta.


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Leggi la nostra recensione su La leggenda di Druss

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LA DONNA DELLA DOMENICA - Fruttero e Lucentini

Per capire fino in fondo un libro di Fruttero e Lucentini, e in particolar modo La donna della Domenica, bisognerebbe avere l'occasione di passare un po' di tempo a passeggio per le vie di Torino, attraversando piazza San Carlo, percorrendo via Barbaroux e raggiungendo il mercato di Porta Palazzo lanciando uno sguardo alla piazza del municipio. E non per un semplice desiderio di capire la toponomastica che nelle loro storie viene inevitabilmente citata bensì soprattutto per capire fino in fondo il carattere di una città e della gente che vi abita che in questo romanzo in particolare viene così bene illustrata.
La definizione di “giallo” non può che star stretta a un'opera che fa del delitto e della descrizione delle indagini un semplice comprimario, rispetto ai protagonisti veri e propri, cioè i Torinesi, quelli che a Torino ci sono nati e quelli che ci sono arrivati spinti dal desiderio di una vita migliore. Fra questi il nostro infallibile commissario, il quale, diversamente dalla maggior parte degli altri immigrati, è affascinato da Torino, cerca di capirla, di scostare quel velo leggero nel quale essa si avvolge. Il problema è riuscirci ma non perché si tenti di impedirlo, Torino è una città chiusa solo in apparenza. Si tratta di scoprire il modo per scostare il velo, dopodiché non servirà nessun particolare sforzo. Il difficile è trovare la chiave di volta e il nostro commissario ha tutte le carte in regola per riuscirci: niente azione, niente forza bruta, ragionamento e perspicacia saranno gli strumenti coi quali saprà farsi largo fra i misteri e gli intrighi di una società proiettata al futuro ma che resta ancora e sempre legata ai suoi lenti ritmi provinciali


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LA SAGA DI HARRY POTTER - J.K.Rowling

La saga potteriana è composta da sette volumi ma, a mio modesto parere, parlare di ogni singolo libro sarebbe come parlare di ogni singolo capitolo di un libro solo. La storia infatti si dipana con una certa coerenza lungo tutti i romanzi e non si renderebbe giustizia al tessuto della trama, se la si leggesse solo a pezzi.
Quella di Harry Potter è la storia della crescita di un ragazzo sfortunato, a cui hanno assassinato i genitori e che si ritrova a gestire una vita complicata, fra parenti antipatici che gli fanno da tutori e misteriosi poteri magici che non è in grado di capire e controllare. Solo quando finalmente verrà accettato nel mondo della sua gente, fatto di maghi veri e propri, troverà la sua dimensione e la via per una crescita non solo fisica ma anche spirituale e intellettuale. Frequenterà una delle più famose scuole di magia, conoscerà quelli che diventeranno i suoi migliori amici ma anche coloro che saranno i suoi più acerrimi nemici.
La cosa che stupisce è il fatto che il lettore cresca insieme a Harry Potter ad ogni lettura. Ogni libro scritto dalla Rowling corrisponde ad un diverso anno scolastico e anche a una diversa sfida, che più o meno tutti i ragazzi di quell'età si trovano ad affrontare. Quindi la sorpresa, quel “sense of wonder” che così tanto permea il primo dei romanzi e che forse l'ha reso così popolare in tutto il mondo, tende piano piano a svanire, lasciando il posto a temi più concreti, più impegnativi e, a volte, pure disturbanti. Tutta quella magia, quella continua scoperta, quelle, a volte geniali, trovate che rendono il mondo di Harry Potter così divertente e, per certi versi, desiderabile, viene nel tempo assimilata, entrando a far parte della “vita quotidiana” del lettore. Chiunque, dopo un po', sa benissimo cosa sia un incanto patronus, conosce a memoria le regole del Quidditch ed è al corrente del terribile significato delle parole Avada Kedavra. E, armato di un simile corredo, il lettore non può far altro che affiancarsi al suo beniamino e accompagnarlo nelle sue avventure, così come nel suo percorso di crescita, trovandosi, insieme a lui, a scontrarsi con tutti quei piccoli grandi problemi con cui si ha inevitabilmente a che fare nel delicato passaggio dall'infanzia all'adolescenza. Il tutto immerso in un mondo fantastico, con i suoi buoni e i suoi cattivi ma in cui ciascuno saprà muoversi con sicurezza, grazie agli insegnamenti dei professori di magia della scuola di Hogwarts.


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martedì 22 aprile 2008

IL SIGNORE DEGLI ANELLI - J.R.R. Tolkien

Tolkien si potrebbe considerare il “Dante” della letteratura fantasy. Chiunque ami il genere prima o poi ha avuto o avrà a che fare con questo tomo di più di mille pagine. E, proprio come la storia che vi viene descritta, per il lettore si tratta di un'Impresa. Chi si avvicina a questa opera deve sapere che non sta per leggere una storia qualsiasi ma che sta per incamminarsi in un lungo viaggio, che lo impegnerà a lungo e assorbirà molte delle sue energie. Questo libro non può essere assimilato con un passo “da maratoneta”, come certi lettori che divorano qualunque scritto in poche ore.
Il Signore degli Anelli è come un vino d'annata. Merita un'attenzione tutta particolare. Non sto dicendo che deve essere apprezzato ad ogni costo, ciascuno è libero di formulare i propri giudizi, sulla base dei propri gusti e delle proprie esperienze. L'importante è che lo si faccia dopo aver dedicato un po' di tempo ad apprezzare il peso del volume, la minuziosità dei dettagli a corredo (la famosa mappa e, per chi ne dispone, le illustrazioni dello stesso autore) e infine ad assaporare ogni pagina. Dopodiché decidete voi. In molti sono convinti che questo sia uno dei migliori romanzi del secolo scorso e io sono fra questi.
Inutile dilungarsi oltre su un'opera su cui si sono scritti fiumi di inchiostro e su cui si sono girati metri di pellicola. E' una storia fantasy con i temi più classici del genere: la Cerca, il Sacrificio, l'Epica, l'Amicizia e l'Amore. Ma ci sono altri temi che si possono estrapolare, meno diretti ma non meno sviluppati: la Questione Ecologica, il Senso di Perdita, la Caduta e altri ancora.
Un'opera complessa, insomma, che sa appassionare e far riflettere, come ogni fiaba che si rispetti. E quando avrete letto l'ultima pagina, anche voi vi sentirete stanchi ma soddisfatti, proprio come Frodo e Sam, Aragorn, Gandalf e tutti gli altri memorabili personaggi, anche voi avrete portato a termine la vostra Grande Impresa.


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