martedì 1 maggio 2012

EUGENIE GRANDET - Honoré de Balzac

Eugénie Grandet è uno di quei romanzi scolastici che vale la pena rileggere in età più matura, quando lo sguardo si è fatto più disincantato e soprattutto si è avuto modo di vedere e conoscere personaggi come quelli descritti da Honoré de Balzac. Da adolescenti si fa' fatica a credere che l'avidità possa dare vita a un papà Grandet o che l'assenza di autostima conduca a una vita come quella della signora Grandet. Eugénie, la figlia, è quella più vicina al giovane lettore, non solo per questioni anagrafiche ma soprattutto per lo spirito di ribellione e contestazione che la contraddistingue. Eugénie ha un carattere più forte di quello dei genitori; della madre perché, a differenza di lei, sa fare una scelta, consapevole delle conseguenze che essa porterà, pronta tuttavia ad affrontarle; del padre perché a, differenza di lui, è libera dalla schiavitù del denaro e quindi più libera nella sua ricerca della felicità.
Balzac dimostra tutto il suo disprezzo nei confronti della borghesia, lo si riconosce nella grottesca caricatura di papà Grandet ma lo si vede anche negli odiosi comportamenti delle famiglie che orbitano intorno a lui. Tuttavia soffermarsi su questo aspetto sarebbe riduttivo. Ci sono dei momenti in cui Grandet, per non parlare della moglie, fa pena, la sua è una malattia, prima ancora che una mania, cosa ancor più evidente negli ultimi anni della sua vita, è letteralmente schiavo dell'avidità, a causa sua conduce una vita misera, della quale peraltro è felice ma è la felicità del folle che non è in grado di percepire il resto del mondo e vive beato all'interno della sua triste gabbia. L'unica sua fortuna è che la società borghese, il vero colpevole, apprezza tale malattia e la foraggia con le sue idee, essendo essa la fonte stessa del virus.
In questo mare di fango, fatto di gente tetra che non può o non vuole guardarsi dal di fuori per scoprire le proprie pietose meschinità, sorge un fiore candido, la cui luce è vivida solo per i puri di cuore, come la serva Nanon, umile e semplice e per questo salva. Eugénie non nutre interesse per la ricchezza, conosce il valore del denaro, sa che esso permette una vita agiata ma non per questo ne resta attratta. Il suo è lo sguardo del fanciullo che scopre nelle cose semplici le gioie della vita, l'amore sopra ogni cosa e grazie a questo resta libera, sempre e comunque. Persino quando avrebbe potuto ricongiungersi col suo unico grande amore, quel Charles tanto ammirato e rovinato a sua volta dal mondo, decide di non farlo, perché questo avrebbe significato sottomettersi alle assurde e grottesche leggi borghesi.
In definitiva Balzac disprezza la borghesia e le sue regole ma più che mai la compatisce, dimostra come la ricerca della felicità non passi attraverso l'acquisizione della ricchezza, condanna l'accumulo di beni materiali come un mezzo non per valorizzare la vita umana, ma al contrario, per degradarla, per toglierle dignità, per relegarla a un insignificante momento nel grande viaggio dell'esistenza.

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