venerdì 30 novembre 2012

CONAN IL BARBARO - Robert Ervin Howard

Se da un lato esiste il fantasy epico, monumentale e malinconico di Tolkien e del Signore degli Anelli, dall'altro ne esiste uno fatto di sangue, sudore e paura, quello di Robert Howard e del suo Conan. Sono due modi di vedere la stessa storia da punti di vista diversi. Un po' come quando si guarda un western di John Ford e uno di Sergio Leone.
Il personaggio di Conan è affascinante e suscita ammirazione, con buona pace di tutti coloro che lo liquidano come il solito arrogante spaccamontagne. Di eroi invincibili il mondo della letteratura di ogni epoca è pieno ma Conan ha quel qualcosa che lo rende intrigante e che ci spinge ad essere dalla sua parte incondizionatamente. Conan rappresenta in modo efficace la figura dell'eroe anti-eroe, colui che affronta pericoli che farebbero gelare il sangue a chiunque con la temerarietà di chi si sente sicuro dei propri mezzi o con la follia di chi non si rende conto dei propri limiti. Nel suo cuore non albergano buoni sentimenti, non cerca comprensione né ne concede, non prova compassione né pietà. E tuttavia ha un profondo senso della giustizia, odia i prepotenti e non ha pazienza con gli stolti. Non rispetta il potere e non lo brama, anche quando lo possiede lo vive come un impedimento, così lo sfida ad ogni occasione, col chiaro intento di dimostrare che lui è più forte.
Quella di Conan è una continua ricerca del prossimo obiettivo, della prossima conquista ma ciò che lo muove non è il desiderio di possedere il premio bensì quello di lottare per averlo. Una volta ottenuto, perde il suo fascino e se ne disinteressa.
Proprio questa tendenza lo rende senza speranza: Conan non troverà mai riposo, sempre in viaggio, lo sguardo rivolto all'orizzonte, un languore tormentoso, la sua cerca non avrà mai fine. E' l'essenza stessa dell'eroe: solo la morte potrà donargli la pace, una pace che Conan però non desidera.
Un personaggio come questo, presentato al pubblico degli anni '30 suscita emozioni forti, oggi diremmo che "spacca". Aggiungiamo un'ambientazione efficace, non eccessivamente dettagliata, fatta di tratti veloci ma sufficienti, storie con trame semplici, brevi ma travolgenti, in grado di risucchiare il lettore fin dalle prime righe, una capacità questa che suscita sempre profonda ammirazione. Mischiamo tutto insieme e otterremo una collezione di racconti esplosiva, in grado di ispirare ancora oggi scrittori e registi, di far emozionare, spaventare e divertire coloro che sognano di avventure, di amori e di meraviglie.

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martedì 1 maggio 2012

EUGENIE GRANDET - Honoré de Balzac

Eugénie Grandet è uno di quei romanzi scolastici che vale la pena rileggere in età più matura, quando lo sguardo si è fatto più disincantato e soprattutto si è avuto modo di vedere e conoscere personaggi come quelli descritti da Honoré de Balzac. Da adolescenti si fa' fatica a credere che l'avidità possa dare vita a un papà Grandet o che l'assenza di autostima conduca a una vita come quella della signora Grandet. Eugénie, la figlia, è quella più vicina al giovane lettore, non solo per questioni anagrafiche ma soprattutto per lo spirito di ribellione e contestazione che la contraddistingue. Eugénie ha un carattere più forte di quello dei genitori; della madre perché, a differenza di lei, sa fare una scelta, consapevole delle conseguenze che essa porterà, pronta tuttavia ad affrontarle; del padre perché a, differenza di lui, è libera dalla schiavitù del denaro e quindi più libera nella sua ricerca della felicità.
Balzac dimostra tutto il suo disprezzo nei confronti della borghesia, lo si riconosce nella grottesca caricatura di papà Grandet ma lo si vede anche negli odiosi comportamenti delle famiglie che orbitano intorno a lui. Tuttavia soffermarsi su questo aspetto sarebbe riduttivo. Ci sono dei momenti in cui Grandet, per non parlare della moglie, fa pena, la sua è una malattia, prima ancora che una mania, cosa ancor più evidente negli ultimi anni della sua vita, è letteralmente schiavo dell'avidità, a causa sua conduce una vita misera, della quale peraltro è felice ma è la felicità del folle che non è in grado di percepire il resto del mondo e vive beato all'interno della sua triste gabbia. L'unica sua fortuna è che la società borghese, il vero colpevole, apprezza tale malattia e la foraggia con le sue idee, essendo essa la fonte stessa del virus.
In questo mare di fango, fatto di gente tetra che non può o non vuole guardarsi dal di fuori per scoprire le proprie pietose meschinità, sorge un fiore candido, la cui luce è vivida solo per i puri di cuore, come la serva Nanon, umile e semplice e per questo salva. Eugénie non nutre interesse per la ricchezza, conosce il valore del denaro, sa che esso permette una vita agiata ma non per questo ne resta attratta. Il suo è lo sguardo del fanciullo che scopre nelle cose semplici le gioie della vita, l'amore sopra ogni cosa e grazie a questo resta libera, sempre e comunque. Persino quando avrebbe potuto ricongiungersi col suo unico grande amore, quel Charles tanto ammirato e rovinato a sua volta dal mondo, decide di non farlo, perché questo avrebbe significato sottomettersi alle assurde e grottesche leggi borghesi.
In definitiva Balzac disprezza la borghesia e le sue regole ma più che mai la compatisce, dimostra come la ricerca della felicità non passi attraverso l'acquisizione della ricchezza, condanna l'accumulo di beni materiali come un mezzo non per valorizzare la vita umana, ma al contrario, per degradarla, per toglierle dignità, per relegarla a un insignificante momento nel grande viaggio dell'esistenza.

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mercoledì 25 aprile 2012

ACCIAIO - Silvia Avallone

Acciaio di Silvia Avallone è il classico romanzo di formazione. La giovane autrice ci racconta la storia della profonda amicizia tra Francesca ed Anna, due tredicenni che si trovano a crescere in una provincia industriale depressa, attorniate da adulti senza più speranze. Il tema è di quelli visti e rivisti, quasi banale. Quello che colpisce è l'ambientazione in cui le due ragazzine si muovono. Un quartiere popolare di una piccola cittadina sviluppatasi intorno ad una grande fabbrica, un po' mamma un po' padrona, ormai in declino. Nella narrazione della Avallone questa cittadina è Piombino, anche se poi il quartiere descritto in realtà non esiste, e la fabbrica è la grande acciaieria che ha dato lavoro a tantissime generazioni di Piombinesi.
Ma è un caso, avrebbo potuto essere ambientato in qualunque parte della provincia italiana, segnata da un declino economico ed industriale che non lascia spazio alle speranze dei giovani.
Silvia Avallone ha scritto Acciaio appena venticinquenne. E` innegabile che alcuni elementi della narrazione e del suo stile riflettano la sua giovane età. I personaggi talvolta risultano delle macchiette e in certi punti traspare eccessivamente la presenza del narratore, con commenti che non aggiungono nulla a quanto raccontato. Bisogna però dare atto alla Avallone di averci proposto una storia di adolescenti credibile, in cui le due protagoniste hanno una vita vera. Le adolescenti, insomma, non sono quelle di Moccia, forse neanche quelle di Acciaio. Ma almeno queste mostrano uno spessore di sentimenti.

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domenica 15 aprile 2012

IL CIMITERO DI PRAGA - Umberto Eco

Secondo il narratore di quest'opera, impersonato da Umberto Eco, la drammatica piega presa dagli eventi nella prima metà del XX secolo è stata causata, fra le altre cose, anche da quanto raccontato nel Cimitero di Praga.
Questa sconcertante rivelazione basterebbe da sola a rendere interessante l'ultima fatica dell'autore alessandrino. E tuttavia non è che la ciliegina sulla torta, il culmine di un percorso che lascia inorriditi, indignati, imbarazzati e affranti. Prima però bisogna chiarire subito una cosa: al di là di tutte le riflessioni che induce a fare, al di là del divertimento, delle sorprese, del turbamento che questo libro offre, Il cimitero di Praga è soprattutto un romanzo bello, in senso puramente estetico.
Leggere un'opera di Eco è sempre un'esperienza piacevole. Nelle sue mani la lingua italiana non è solo uno strumento di comunicazione ma un attore della storia. La costruzione delle frasi, i termini utilizzati sorprendono e spesso divertono il lettore, Eco dimostra una padronanza del linguaggio disarmante, è disinvolto, leggero, come un pianista che vola sui tasti ed esegue la partitura con tocco esperto e appassionato. Le prime pagine, da questo punto di vista, sono davvero fenomenali.
E poi c'è la storia, dalla quale emerge il dramma dell'ignoranza in senso lato, quella delle grandi masse che non possono o non vogliono sapere e si affidano ad altri per acquisire conoscenza. Affidando così a costoro anche il loro destino. Non c'è forse crimine più grave che quello di emettere giudizi e sentenze sulla base del sentito dire, del passaparola, dell'insinuazione. Un'abitudine, un vizio mai abbandonati, che miete vittime in ogni epoca.
Se da una parte si può provare antipatia, se non odio, nei confronti di chi, con bieco cinismo, sfrutta questa debolezza umana per trarne vantaggi, economici, politici o di altra natura, non si può che provare pietà per la scelleratezza delle masse, pronte a dar retta a chiunque sia in grado di interpretarne i più bassi istinti, le più profonde paure, le più ridicole aspirazioni, anche a costo di avallare più o meno consciamente crimini e ingiustizie per le quali puntualmente sono pronte a biasimare, condannare e dimenticare.
Fino a quando ciascuno di noi non proverà il desiderio di formare un proprio pensiero liberamente ma si limiterà a intendere la vita come un periodo di tempo nel quale tentare di soddisfare i propri più o meno sofisticati bisogni materiali, correremo sempre il rischio di essere manovrati, sfruttati e maltrattati da coloro che intendono la vita come un periodo di tempo nel quale tentare di soddisfare i propri più o meno sofisticati bisogni materiali.
E` un cane che si morde la coda, un circolo vizioso, nel quale ciascuno è convinto di correre solo contro tutti, di essere il più scaltro e il più forte di tutti, per poi trovarsi a sua volta superato e squalificato da qualcuno che la pensa esattamente come lui. Un labirinto del quale non troviamo l'uscita, dove ci sarà sempre qualcuno pronto a scavalcare e qualcun altro pronto a farsi scavalcare ma senza che nessuno riesca mai a trovare la chiave che risolve l'enigma.
C'è da chiedersi quanta sofferenza si dovrà ancora patire prima di trovarla.

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domenica 18 marzo 2012

COSA TIENE ACCESE LE STELLE - Mario Calabresi

Calabresi è uno spacciatore di ottimismo! E smercia solo roba di ottima qualità. Se consideriamo poi che in questi ultimi tempi è molto difficile essere ottimisti, non possiamo che essergli grati. Il suo terzo libro "Cosa tiene accese le stelle" è un monito, rivolto soprattutto ai più giovani, a smettere di pensare che i vecchi tempi fossero meglio e che si stava meglio quando si stava peggio. Niente di più falso, secondo Calabresi.
A sostegno della sua tesi ci porta alcuni esempi: le invenzioni che ci permettono di vivere meglio (la storia di come la lavatrice abbiamo cambiato la vita di sua nonna è semplicemente geniale nella sua evidenza), i progressi della scienza e della nostra società civile. Ma Calabresi non si limita a dimostrarci che è sbagliato tingere di rosa un passato che poi così idilliaco non era, prova anche a portarci esempi di speranza per questo futuro che ci sembra così fosco. E lo fa raccontandoci storie di italiani che hanno avuto successo o che stanno provando ad emergere, semplicemente con la forza del loro impegno. Commovente, a questo proposito, è la storia della giovane immigrata che è la migliore studentessa della Liguria.
E anche questa volta, come per le sue due opere precedenti, Calabresi riesce ad infonderci sicurezza e speranza per questo nostro paese.

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giovedì 8 marzo 2012

TRE ATTI E DUE TEMPI - Giorgio Faletti

Tre atti e due tempi, ultima fatica letteraria di Giorgio Faletti, è un piccolo romanzo difficilmente riconducibile ad un genere. Sicuramente non è il classico thriller mozzafiato e carico di suspence a cui l'ormai ex comico piemontese ci aveva abituato. Per il tema di attualità trattato si potrebbe quasi catalogare come un instant book, ma questa definizione sarebbe un po' riduttiva. Il protagonista della vicenda è Silver, magazziniere sessantenne di una squadra di serie b prossima alla promozione, che scopre per caso un giro di scommesse ad opera di alcuni giocatori della sua squadra. Ma questo legame con l'attualità è solo un espediente per presentare temi molto piuù universali. L'uomo infatti si troverà a dover affrontare prima i fantasmi del suo passato e poi a rivedere il rapporto con suo figlio. Pur non trattandosi di un thriller, Faletti riesce comunque a mantenere alta la tensione, soprattutto grazie ai tempi della narrazione (il tutto avviene in un'unica giornata e durante i 90 minuti di una partita) e alla sua scrittura sempre asciutta, diretta e scorrevole. Forse non è il libro che ci si aspetta da Faletti, ma è sicuramente da apprezzare sia per il tentativo di proporre qualcosa di diverso, sia per l'attenzione ai dettagli che emerge soprattutto nelle descrizioni calcistiche.

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domenica 4 marzo 2012

AMORE, ZUCCHERO E CANNELLA - Amy Bratley

Mi sono ritrovata a leggere Amore, Zucchero e cannella, sia perché particolarmente attratta dal titolo, sia perché incuriosita dalla lunga permanenza nella classifica dei libri più venduti. E onestamente non mi spiego come possa essere possibile. La storia non ha alcun spunto originale, i personaggi ricalcano i classici clichè della letteratura rosa, assolutamente insipidi e senza alcuno spessore. Ma soprattutto dove stanno lo zucchero e la cannella? Avevo immaginato sì una storia d'amore, ma dove la cucina fosse in qualche modo presente e invece non ce n'è nessuna traccia. Ovviamente se mi fossi preoccupata di controllare il titolo originale (The Girls’ Guide to Homemaking), almeno non sarei rimasta delusa da questo aspetto. Che dire, un libro leggero leggero adatto solo alla lettura sui mezzi pubblici.

Titolo originale dell'opera: The Girls’ Guide to Homemaking

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sabato 18 febbraio 2012

SUPER SANTOS - Roberto Saviano

E' innegabile che Saviano sia un grande affabulatore, sia quando scrive, sia quando parla. E non importa quale argomento stia affrontando: camorra, amore, sport. Una volta che comincia la sua narrazione diventa difficile distogliere l'attenzione. All'inizio della storia raccontata in Super Santos, i protagonisti potremmo tranquillamente essere noi, che da bambini ci divertivamo a correre dietro un pallone sognando di diventare chi Maradona, chi Platini, chi Gullit, ma tutti dei grandi calciatori. Come i protagonisti, abbiamo poi, crescendo, accantonato questi grandi sogni, trovando ognuno la propria strada. L'unica differenza tra noi e loro è che noi non abbiamo rincorso il pallone nelle piazze dello spaccio controllato dalla camorra e che le scelte legate al nostro futuro non hanno dovuto fare i conti con questo fattore. Da una storia in cui è facile identificarsi Saviano ci dimostra come la criminalità organizzata sia parte della quotidianità di moltissime persone e come possa influenzarne non solo il presente, ma anche i sogni. E forse è proprio questa capacità di raccontarci come normali e quotidiane situazioni che non dovrebbero esserlo, la grandissima forza di questo autore.

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lunedì 16 gennaio 2012

DISNEY D'AUTORE - Silvia Ziche

Se un'idea è in grado di sopravvivere al passare degli anni è perché possiede un'indiscutibile forza propria ma anche perché chi la sostiene si adopera per mantenerla sempre viva e interessante. Autori come Silvia Ziche riescono, con la loro interpretazione, a regalare la freschezza e la vivacità necessarie a rendere i personaggi Disney sempre divertenti e godibili. In questo tipo di fumetti la precisione, il dettaglio sono solo un valore aggiunto. Un'espressione azzeccata, una situazione improbabile possono da sole risolvere la vignetta. Silvia Ziche ci riesce spesso e in modo brillante, restituendo la giusta dimensione a un genere che deve prima di tutto divertire.
A volte il rinnovamento passa attraverso la continuità. Certi tentativi fatti nel passato di impostare le storie di paperi e topi con uno stile poliziesco o avventuroso finiscono con l'annoiare. Non funzionano, lo dicono gli stessi personaggi, che non si trovano a loro agio nei panni dell'uomo d'azione, del duro, dell'avventuriero senza paura. Semplicemente non sono credibili. A meno che non si aggiunga la giusta dose di autoironia. E` questo l'ingrediente segreto, che rende tutto più completo, che permette alla storia di raggiungere il lettore. Silvia Ziche ne sa fare buon uso e il risultato è garantito, permettendo a un'idea pluridecennale di mantenere tutto il suo fascino e la sua attualità.

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venerdì 6 gennaio 2012

NEANCHE GLI DEI - Isaac Asimov

A fronte di un'idea di fondo fantasiosa e stimolante, Neanche gli dei difetta di uno sviluppo convincente della trama. Come dichiara lo stesso Asimov, la storia prende spunto da un evento casuale e lui ci ricama sopra un racconto ricco di misteri e del giusto senso del meraviglioso che è lecito aspettarsi da uno scrittore di fantascienza che si rispetti.
Tuttavia, dopo una prima metà caratterizzata da un crescendo coinvolgente e da una seconda di preparazione alla soluzione finale, si finisce un po' sotto tono, come se, dopo un pasto di ricche e gustose portate, si concludesse con un dessert deludente. La verità è che, di fronte alla bellezza delle ambientazioni, la trama passa quasi in secondo piano.
Leggendo Asimov si resta spesso colpiti dallo stile documentaristico con cui l'autore americano struttura le sue opere, si ha la sensazione di leggere il trattato di un sociologo più che la storia di un romanziere. Il famoso "sense of wonder" è assicurato e non c'è da stupirsi se poi trama e personaggi ci intrigano meno di quanto ci si aspetterebbe.
La descrizione di una società aliena, che non si limita solamente a tratteggiare l'aspetto di improbabili omini verdi, ma che ci dà invece informazioni sullo stile di vita quotidiano, sulla struttura gerarchica della società, persino sulle nevrosi dei suoi membri, con idee e intuizioni geniali, lascia stupefatti. Esattamente come la descrizione della colonia lunare nella seconda parte di Neanche gli Dei, interessante rappresentazione di una civiltà umana extraterrestre, abituata a vivere in un contesto estremamente diverso da quello originario ma non per questo meno confortevole e sofisticato. Centinaia di chilometri di gallerie, scavate nel corso di decenni, in grado di fornire case, lavoro, svaghi e ogni genere di servizi che rendono possibile il fiorire di una cultura indipendente, con un proprio stile di vita e proprie aspirazioni.
Così tanto materiale, così emotivamente coinvolgente, da far passare in secondo piano le vicende dei protagonisti. Fantascienza con la "F" maiuscola.

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Titolo originale dell'opera: The Gods Themselves

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