lunedì 30 dicembre 2013

WE ARE FAMILY - Fabio Bartolomei

Avete presente come vi sentite dopo aver mangiato un pezzo di cioccolata quando vi sentite un po' giù di corda? La lettura di We are Family di Bartolomei mi ha dato lo stesso senso di benessere e di felicità. Attenzione però, non è un romanzo per tutti, bisogna essere pronti e avvicinarsi con il giusto spirito, per godere appieno dell'opera di Bartolomei bisogna aver voglia di tornare bambini, aver voglia di giocare senza preoccuparsi di sporcarsi o di sudare, insomma bisogna essere un pò sognatori. Protagonista è Al Santamaria ragazzino dall'intelligenza supersviluppata, secondogenito in una famiglia con difficoltà economica nel pieno degli anni 70. Questo se lo si guarda con occhi da adulti, quegli adulti che si sono dimenticati di essere stati bambini. In realtà Al è un bambino con dei superpoteri in grado di salvare il mondo cominciando a rendere felici le persone che gli stanno accanto. E' questa diventa la missione della sua vita rendere felici le persone per lui importanti, perchè per salvare il mondo bisogna cominciare dallle cose piccole. We are family ricorda a tutti l'importanza della famiglia, come insieme si possano superare le difficoltà con un sorriso e con un po' di sana ironia. Ma non è solo Al ad essere semplicemente fantastico, tutti i personaggi che Bartolomei ci presenta sono difficili da dimenticare: i suoi genitori che nonostante le difficoltà continuano a giocare con i loro figli, Vittoria, sua sorella più grande, che si rivelerà essere per Al una compagna fidata e un porto sicuuro. Insomma assolutamente da leggere.

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venerdì 27 dicembre 2013

IL GUSTO PROIBITO DELLO ZENZERO - Jamie Ford

Il pregio principale del romanzo di Ford è quello di portare alla ribalta un pezzo di storia di cui si parla molto poco. Durante la seconda guerra mondiale nei già civilissimi Stati Uniti tutti i giapponesi residenti sul territorio furono deportati in campi di lavoro, sottratti alle loro case e ai loro oggetti. Non è un episodio storico di cui si parla molto, ricordo solo un film di Alan Parker, Benvenuti in Paradiso, di qualche anno fa. Jamie Ford, americano di origini cinesi, prende spunto nel raccontarci la vicenda dai racconti ascoltati da suo padre che in quel periodo era costretto ad indossare, come il protagonista del romanzo, un distintivo con su scritto Io sono cinese, per distinguersi dai giapponesi statunitensi. Per mantenere uno sguardo distaccato ed evitare giudizi di sorta l'autore sceglie di raccontarci questo periodo storico attraverso gli occhi di due ragazzini, giapponese lei e cinese lui, che si conoscono a scuola e pian piano vedono trasformare la loro amicizia in un tenero amore. Questo taglio fa si che nonostante la drammaticità dell'evento si mantenga un tono di speranza, anche nelle difficoltà l'amore e l'amicizia possono prosperare ed essere di aiuto. Leggendo il romanzo, anche se questo non era probabilmente lo scopo dell'autore, viene naturale porsi delle domande e fare delle riflessioni su quali elementi determinano che una persona venga riconosciuta come straniera. Essere nata in un luogo, parlarne la lingua, conoscerne le tradizioni e la cultura non dovrebbero essere elementi sufficienti a far si che quella persona non venga più considerata straniera? Ho trovato straziantamente attuale la situazione della giovane protagonista che per i giapponesi non è più considerata tale, ma per gli statunitenensi era ancora a tutti gli effetti lo straniero, il nemico addirittura.
Un buon romanzo che guarda al passato, ma che ci aiuta a riflettere anche sui giorni nostri.

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Titolo originale: Hotel on the Corner of Bitter and Sweet
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giovedì 26 dicembre 2013

CON TE FINO ALLA FINE DEL MONDO - Nicolas Barreau

Il successo di certi romanzi, mi lascia sempre un po' perplessa. Con te fino alla fine del mondo non è una brutta storia, è scritta decentemente, i presonaggi non sono eccessivamente stereotipati, ma è tutto qui. La storia non è brutta certo, ma è decisamente banale. Un uomo riceve una lettera d'amore da un'ammiratrice segreta di cui conosce solo l'indirizzo email e cominciano una schermaglia amorosa a distanza. A me ha ricordato C'è posta per te", ma è un tema trattato in numerosi altri film e romanzi. I personaggi sono simpatici e credibili, ma chiuso il romanzo niente che rimanaga troppo a lungo nella memoria. Lo stile è piacevole e la lettura scorre via facile facile. Insomma carino, ma niente di che. Eppure questo romanzetto ha venduto parecchio in giro per il mondo. Il marketing ha sicuramente aiutato, ma non può essere solo questo. Probabilmente sono due gli elementi che hanno contribuito al suo successo. Da una parte c'è il fascino del corteggiamento old style attraverso scambi arguti e con l'utilizzo del supporto cartaceo. Quanti di noi hanno ricevuto recentemente una lettera, valgono anche le e-mail, d'amore? E' qualcosa che ormai risale ai corteggiamenti tra adolescenti sui banchi di scuola, e non sono neanche così sicura di questo. Da una parte c'è quindi il fascino, soprattutto per il pubblico femminile, del corteggiamento vecchia maniera. Dall'altra c'è Parigi. Perchè se tutto il resto all'interno el romanzo non spicca particolarmente, l'ambientazione Parigina è semplicemente perfetta, descritta talmene bene dall'autore da continuare a respirarne l'aria anche mentre si sta facendo altro.
Un buon libro, non memorabile, per qualche ora di piacere a zonzo per la Ville Lumière.

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Titolo Originale: Du findest mich am ende der Welt
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lunedì 9 dicembre 2013

EUROPA MOLTO AMORE - Giorgio Scerbanenco

Oggi se volete viaggiare per l'Europa è sufficiente comprare un biglietto aereo (spesso la parte più complicata è proprio quella di orientarsi tra le diverse offerte e tra i vari balzelli aggiuntivi), avere la carta di identità non scaduta (non vale proprio per tutti i paesi europei, ma quasi) e partire. Nessuna dogana, nessun controllo da parte della polizia frontaliera. Viaggiare tra le diverse nazioni, da una parte grazie alle compagnie low cost e dall'altra grazie al trattato di Shengen, è ormai diventato semplice e considerato da tutti normale. Da una parte questo ha permesso a sempre più di scoprire i paesi intorno a noi, ma dall'altra ha fatto perdere un po' di fascino all'idea del viaggio. Non è sempre stato così però, anche se molti di noi o non lo hanno vissuto o lo hanno completamente scordato. C'è stato un tempo, neanche così lontano, dove anche solo per entrare in Francia si veniva sottoposti al controllo dei documenti e dove viaggiare non era alla portata di tutti. Un viaggio in un paese straniero era sempre un'avventura. La lettura di Europa Molto Amore di Scerbanenco ci riporta ai quei tempi, la sensazione è come quella di immergersi in un negozio vintage riscoprendo capi di cui si era completamente dimenticata l'esistenza. Si tratta di un'opera minore dello scritto ucraino trapiantato a Milano, il poliziesco non è accentuato e l'indagine è pressochè inesistente. Quello che veramente colpisce eè riscoprire come fosse l'Europa negli anni 60 e come potesse essere così complicato muoversi al suo interno. Ancora di più, poi, se a viaggiare sono due ragazze sole, un pò ingenue per quanto convinte del contrario, che si trovano a fuggire da una vicenda troppo più grande di loro. L'altro punto di estrema originalità, e questa volta voluto dall'autore e non causato dal passare del tempo, è il rovesciamento dei ruoli: le due ragazze viaggiano e i loro uomini le aspettano preoccupandosi e stando in asia per loro. Come sempre una lettura piacevole, ma su Scerbanenco penso di essermi già espressa positivamente più volte, un'immersione in un mondo e in una società ormai completamente cambiati. Un bel tuffo nel passato insomma.

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lunedì 25 novembre 2013

NON SO NIENTE DI TE - Paola Mastracola

Ognuno di noi viene caricato dalle persone che lo circondano di aspettative. I nostri genitori, gli amici, il partner, ma anche noi stessi. Molti si adattano a queste aspettative, cercano di assecondarle, spesso perchè riflettono quello che effettivamente si desidera, spesso per una questione di adattamento, perché sarebbe difficile fare altro e scontentare qualcuno. Queste situazioni sono le più difficili, sono quelle che generano insoddisfazione e infelicità. Ed è proprio di una situazione di questo tipo che ci racconta la Mastracola nel suo ultimo romanzo. Protagonista è Fil, giovane di successo, laureato con lode e con un dottorato in economia. Fil, però non è contento, non si trova nei ritmi frenetici che il successo nel mondo del lavoro gli richiede. Odia essere sempre connesso, sempre rintracciabile, si sente come se gli stessero rubando il tempo. Decide quindi di mollare tutto rintanandosi nelle colline scozzesi. Ma come comunicarlo ai propri genitori, come poter dare loro un dispiacere così grande? Semplicemente non dicendolo. Ma non può durare, ed è proprio il percorso di scoperta di questa verità da parte della famiglia di Fil, il filo conduttore di Non so niente di te. E' un libro profondo pieno di spunti di riflessioni. Ma non per questo noioso o di difficile lettura, anzi in certe parti risulta quasi essere comico, leggero, quella leggerezza che ci porta a riflettere senza neanche accorgene. E la Mastracola ci da veramente di che riflettere, sotto diversi punti di vista. Chi è genitore viene spinto a riflettere su quanto si conoscano veramente i propri figli, i loro desideri e le loro aspettative. Da figli invece ci si pone il problema di come gestire le ambizioni della propria famiglia, facendole convivere con quella che è la propria strada. Per quanto mi riguarda il tema che più mi ha colpito, forse perchè mi ci ritrovo un pò, è quello relativo al tempo e agli sforzi che compiamo per raggiungere un obiettivo, sia esso nostro o impostoci dalla società. Spesso lo sforzo è talmente alto da non permetterci di vivere tutto quello che ci accade intorno nel mentre, tutti concentrati sull'arrivare. Ma quante energie spesso si sprecano, e siamo proprio certi che una volta raggiunto il traguardo saremo veramente contenti e soddisfatti o non ci resterà la sensazione di esserci persi qualcosa?

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domenica 17 novembre 2013

UN AMORE PIU' FORTE DI ME - María Dueñas

La reazione più normale di fronte alla sofferenza è fuggire. Allontanarsi il più possibile da ciò che è causa del nostro dolore, come a cercare di ricominciare a scrivere la nostra storia da una pagina bianca, che non si porti dietro tutto quello che c'è stato prima. Un amore più forte di me di María Dueñas, è la storia di una fuga, non alla ricerca di se stessi, ma per dimenticare quello che è stato. Blanca, la protagonista, è una affermata docente universitaria spagnola a cui vengono meno tutte le sue certezze quando scopre che il marito da cui si è da poco separata sta per avere un figlio da un’altra donna. Di fornte a questa situazione di estrema sofferenza che la porta ad interrogarsi sul suo essere donna e su tutta la sua vita passata, decide di fuggire accettando una strana borsa di studio per una piccola università californiana in cui seguire le ricerche su uno sconosciuto docente di origini spagnole. Qui dapprima si getterà a capofitto nel lavoro in maniera ripetitiva e senza partecipazione come per creare una sorta di alienazione anestetica, ma poco per volta spinta dalla sua curiosità a conoscere ciò che gli sta intorno si aprirà nuovamente alla vita. La trama non è cert più delle originali al limite dello scontato, ci sono però alcuni elementi che danno un pizzico di originalità e che rendono la lettura piacevole. Innanzitutto i diversi salti temporali che l'autrice fa per seguire i diversi protagonisti nei momenti cruciali e formativi della loro vita. Ci troviamo così portati dall'autrice nella spagna moderna e attuale, nell'assolata California di questi anni, ma soprattutto veniamo condotti nella spagna franchista e post franchista e negli Stati Uniti anni 50. E proprio questi salti temporali permettono all'autrice spagnola di far riflettere sul suo paese e sul percorso intrapreso. Tema centrale del romanzo non è tanto la storia di rinascita della protagonista, ma l'importanza della storia, della cultura e dell'identità spagnola, che soprattutto all'estero viene spesso dimenticata e sottovalutata. Un altro elemento estremamente positivo è lo stile fluido della scrittrice che rendono la lettura piacevole e scorrevole. Un buon libro, dalla trama un pò scontata, ma con degli spunti interessanti.

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Titolo originale: Misión Olvido
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sabato 2 novembre 2013

I TERRIBILI SEGRETI DI MAXWELL SIM - Jonathan Coe

Bah, questo il primo pensiero al termine della lettura de "I terribili segreti di Maxwell Sim". Un senso di perplessità dato da una parte dal finale scelto da Coe e dall'altra dal fatto che mi aspettavo qualcosa di diverso. A differenza degli altri romanzi dell'autore inglese che avevo letto in passato questa sua opera non è corale, tutta l'attenzione è concentrata sul protagonista, commesso viaggiatore di spazzolini ecologici. Non che questo sia un male o che Coe non sia in grado di gestire un solo personaggio, è che non me lo aspettavo. Per quanto riguarda il finale invece, quello non mi è proprio piaciuto. Non voglio rovinarvi la sorpresa e il piacere (o dispiacere) di scoprire da soli come terminano le avventure di Maxwell, vi dirò solo che è uno di quei finali eterni che sembrano non arrivare mai e quando questo arriva si ci sente presi un po' in giro. Perplessità è stato quindi il primo sentimento che mi ha suscitato questo romanzo. Ho preferito però aspettare prima di scrivere questa recensione, perché sotto sotto sentivo che c'era altro. Tema principale è la scoperta di se stessi per rimettere insieme i pezzi della propria vita e imparare a relazionarsi con gli altri. Il viaggio di Maxwell attraverso l'Inghilterra per raggiungere le isole più a Nord dell'isola, è in realtà un viaggio dentro se stessi e dentro il proprio passato. E proprio la visone distorta del passato e di certi episodi della propria vita che Maxwell ha e che nel corso della narrazione si svelano per quello che sono stati veramente, è forse l'aspetto che più mi ha fatto pensare. Ognuno di noi ha dei ricordi di certi episodi del proprio passato, episodi magari anche importanti che hanno segnato la propria vita, che in realtà non sono veri. Sono solo i nostri ricordi mediati dalla nostra prospettiva e da ciò che ci abbiamo costruito intorno. E la vita di Maxwell è segnata da diverse situazioni di questo tipo. Solo quando riuscirà a mettere insieme i pezzi e vedere questi episodi nella loro totale interezza riuscirà a riprendersi la sua vita. Insomma, a parte il finale che continuo a non apprezzare per niente, è un romanzo che lascia diversi spunti, oltre ad essere ben scritto. ma questo è ormai dato per scontato visto che si parla di Coe.

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Titolo originale: The Terrible Privacy of Maxwell Sim
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domenica 13 ottobre 2013

THE DOME - Stephen King

Erano anni che non leggevo un romanzo di Stephen King. Ho attraversato la fase "King" intorno ai 20 anni, periodo in cui lessi in rapida sequenza "Misery non deve morire", "L'ombra dello scorpione" e "Christine: la macchina infernale". Poi per caso un amico mi ha raccontato che stava seguendo la serie tratta da The Dome e mi sono incuriosita. Ad una rapida occhiata la trama potrebbe richiamare il film dei Simpsons: improvvisamente una mattina una piccola e tranquilla cittadina americana viene avvolta da una cupola dalle origini misteriose, completamente indistruttibile e inviolabile. L'esercito si mobilita, ma nulla sembra poter distruggere la barriera invisibile. All'interno dei suoi confini i cittadini, dopo i primi momenti di isteria, cercano di organizzarsi per provare a sopravvivere il più a lungo possibile o per trarre da questa situazione il maggior vantaggio possibile per se stessi. La forza di King, sta ancora una volta, nella sua enorme capacità di gestire una grande quantità di personaggi e di vicende, con un meccanismo preciso come un orologio, tutti gli elementi sono esattamente dove e come dovrebbero essere, nulla stona. La descrizione della micro società della piccola città di Chester's Mill è lo specchio esatto delle società umana e le dinamiche che si vengono a creare al suo interno, in un momento di emergenza, riflettono in maniera precisa le dinamiche che abbiamo visto presentarsi nel corso della storia umana. C'è la rappresentazione dell'uomo di potere che vive per il potere stesso al punto da non capire di star conducendo tutti verso il baratro, c'è la rappresentazione dell'evoluzione delle forze di pubblica sicurezza da difensori della popolazione a picchiatori, c'è la rappresentazione di chi non vendendo un futuro per se stesso decide di lasciarsi andare senza lottare. E poi ovviamente ci sono i buoni che lottano per il bene di tutti, ma che a ben vedere così buoni non sono. L'unica nota stonata in questo affresco altrimenti perfetto è proprio la cupola, o meglio il motivo per cui è comparsa. La scelta dell'autore rispetto alla sua esistenza determina purtroppo una chiusura del romanzo quasi forzata, rapida e non in sintonia con tutto il resto. Rimane comunque un bel romanzo scritto si per intrattenere, ma che lancia numerosi spunti di riflessione.

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Titolo originale: Under the dome
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mercoledì 9 ottobre 2013

IO CHE AMO SOLO TE - Luca Bianchini

Ho sentito parlare per la prima volta di Io che amo solo te di Luca Bianchini, durante un'intervista radiofonica all'autore una domenica mattina. E ho subito pensato questo lo voglio leggere. L'intervista si concentrava soprattutto sul tema organizzazione del matrimonio e del ricevimento, tema intorno a cui le vicende e i personaggi ruotano. Ed è stata proprio l'ironia con cui l'autore raccontava questi aspetti ad incuriosirmi tanto. Mi sono sposata con pochissimi invitati e l'unico aspetto un po' eccessivo era il mio abito. Ammetto anche di aver sempre guardato con un po' di terrore a quei matrimoni che richiedono anni di organizzazione, 300 invitati e tutto un entourage per la gestione dello stesso (fotografo, truccatore, stilista, animatore e chi più ne ha più ne metta), per cui trovavo interessante l'idea di un romanzo che giocasse in maniera leggera su questi stereotipi matrimoniali. Quando poi finalmente, a distanza di mesi, ho letto questo romanzo, è stata una vera scoperta, perché l'organizzazione del matrimonio è solo un escamotage divertente per raccontare molto altro con una carrellata di personaggi degni della migliore commedia all'italiana. Il tema centrale è quello dell'amore: l'amore nuovo dei due giovani sposi, l'amore passato e non colto che vive di rimpianti e di ricordi, l'amore tra fratelli e l'amore tra genitori e figli. Si legge tutto d'un fiato e non si vorrebbe mai smettere, con colpi di scena forse un po' scontati, ma non per questo meno divertenti e avvincenti. E' stato bello partecipare al matrimonio di Damiano e Chiara, sentire Nancy cantare e assistere al ballo di Ninella e Don Mimì. E una volta terminato il ricevimento e chiusa l'ultima pagina ho continuato a cantare per giorni "Io che amo solo te" di Endrigo.



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 E ora goditi la canzone di Endrigo che da il titolo al romanzo


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domenica 6 ottobre 2013

VENTO ROSSO E ALTRI RACCONTI - Raymond Chandler

I 7 racconti raccolti da Feltrinelli in Vento Rosso presentano tutte le caratteristiche del genere hard-boiled di cui Chandler è da molti considerato il re. Le sette storie sono state scritte negli anni '30 e presentano tutte un impianto molto simile. Al centro delle vicende sono sempre le investigazioni di agenti privati che si muovono in ambienti scure e fumosi attorniati da personaggi di dubbia moralità e dal fascino oscure. In un mondo corrotto, dove anche fidarsi delle forze dell'ordine è impossibile, gli unici elementi di innocenza sono rappresentati dalle figure femminili a cui accorrono in soccorso i protagonisti dei diversi racconti. I detective di Chandler non sono mai innocenti e senza macchia, lasciano sempre capire un passato turbolento e non certo lindo. Tutto il loro agire, per quanto sporco, è mosso da una ricerca di redenzione. si fanno pagare, ma mai troppo. Girano con il proprio "ferro" nella fondina, ma non amano utilizzarlo e a partecipare a sparatorie. Difendono la verità e l'innocenza. Amano difendere la verità e l'innocenza. Tutti elementi che caratterizzano questo genere letterario. Quello che più mi ha colpito è la descrizione degli ambienti: una Los Angeles cupa, con locali notturni bui e fumosi magistralmente resi dalla penna di Chandler. Una bella raccolta per avvicinarsi al genere poliziesco.

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domenica 22 settembre 2013

LA RAGAZZA DI CHARLOTTE STREET - Danny Wallace

Se c'è una cosa che mi infastidisce è sentire appellare uomini e donne di 30 e più anni ragazzi o ragazze, soprattutto quando questo capita all'interno di servizi televisivi o all'interno di articoli di giornale. Non contesto il sentirsi tali da parte degli ultra trentenni, lo sono anche io e anche io penso a me stessa come ad una ragazza, quello che non sopporto è il fatto che sia ormai socialmente accettato il fatto che a quell'età non si sia ancora in grado di prendersi delle responsabilità o di comportarsi come adulti. Questo stesso fastidio l'ho provato per i protagonisti di La ragazza di Charlotte Street. Un gruppo di amici/conoscenti che fa fatica a crescere e a diventare adulto e che nel corso del romanzo dovrà cominciare ad affrontare la realtà della vita. Potremmo definire il romanzo di Danny Wallace una sorta di romanzo di formazione, peccato però che i protagonisti non siano proprio più "ragazzi". A tutto questo si aggiunge una serie di luoghi comuni che mi hanno infastidito ancora di più: l'amico nerd, l'ex fidanzata seguita su Facebook di cui il protagonista ritornerà poi ad essere grande amico. Ho trovato diverse recensioni che paragono Wallace a Hornby, ma sinceramente non hanno niente da che spartire l'uno con l'altro. L'unico aspetto positivo del romanzo è Londra, non quella dei turisti, ma quella vera vissuta che l'autore descrive veramente bene. Sono rimasta un po' delusa, anche perché le prime pagine lasciavano presupporre qualcosa di completamente diverso. Na lettura giusta giusta per la spiaggia, ed è lì che infatti l'ho letto, ma niente di più.

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Video di presentazione dell'autore:


Titolo originale: Charlotte Street
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giovedì 19 settembre 2013

FOLLIA - Patrick McGrath

Ognuno di noi ha una sua idea di cosa sia l'amore. Per me, ad esempio, è la tranquillità e la pace che si prova solo quando si sta con la persona amata, per qualcunaltro è desiderio e passione, c'è che poi lo vive come un senso continuo di inquietudine e di volontà di compiacere l'altro. E poi, poi ci sono gli amori folli, gli amori che consumano uno od entrambi gli amanti, quegli amori accecanti e totalitari. E per qualche strano motivo, pur sapendo che non è il modo corretto di amare, restiamo tutti affascinati dalla forza di questo sentimento, arrivandoci a chiedere se il nostro amore normale, tranquillo, appassionato ma non totalizzante, non sia in realtà amore, ma qualcos'altro. Follia di Patrick McGrath sembra essere scritto apposta per far nascere in noi questo tipo di dubbio. Il suo autore ci racconta, attraverso gli occhi di uno psichiatra, l'amore travolgente e accecante che una donna prova per un uomo malato di mente e "femminicida" spietato. Stella, la protagonista di Follia, viene completamente accecata da questo amore, al punto di sacrificare suo figlio prima e se stessa poi sull'altare di questa passione travolgente. Assistiamo quindi, attraverso l'occhio clinico e scientifico del narratore, alla discesa agli inferi di questa donna, alla sua totalità incapacità di vedere quello che il suo amato effettivamente è, anche quando la realtà gli si presenterà davanti in maniera eclatante. Inizialmente Stella mi ha suscitato un senso di compassione. Giovane donna di buona famiglia, sposata con un marito che non la ama o che almeno non riesce a dimostrarlo, "mostrata" agli altri come corredo di rappresentanza di una vita di successo, si innamora di Edgar, che rappresenta per lei l'ignoto e la ribellione, un modo per sentirsi libera al di là delle costrizioni sociali. Ma man mano che la lettura procedeva la compassione si è trasformata in fastidio, mi sono trovata più volte a chiedermi come fosse possibile che non vedesse la spirale distruttiva in cui questo sentimento la stesse portando. E qui sta la forza di questo romanzo, nello spingerci a riflettere su cosa spinga in certe situazioni la nostra psiche a portarci completamente ad annullarci, rimuovendo qualunque senso di sopravvivenza e auto protezione. Che sia questo l'amore vero? A mio parere no, questa è la follia.

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Titolo Originale: Asylum
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lunedì 9 settembre 2013

TI PREGO LASCIATI ODIARE - Anna Premoli

La cosa che mi è piaciuta di più di "Ti prego lasciati odiare"? Il fatto che la sua lettura mi abbia impegnato per poco più di due ore. Non avrei retto di più. Va bene starete pensando, ma cosa ti potevi aspettare da un libro con un titolo come questo? E poi avrai ben letto la quarta di copertina prima? Tutto vero, ma ero alla ricerca di un libro da svago da leggere in un pomeriggio di relax e poi la Premoli con questa sua fatica letteraria ha anche vinto il premio Bancarella. Ok, aver vinto un premio non è sempre sinonimo di capolavoro, ma quantomeno di decenza dovrebbe esserlo. La trama è di una banalità estrema: lei odia lui, devono per motivi di lavoro passare molto tempo insieme, si innamorano e vissero felice e contenti. Niente di male, classica trama da romanzo rosa, leggero leggero per un po' di relax, peccato che poi sia pieno di luoghi comuni e di frasi fatte, una scrittura talmente banale da risultare fastidiosa. Giusto due frasi per darvi un'idea: "il tono è tagliente come una lama", "puntuale come un orologio svizzero".
Ho provato a giustificare il fatto che non mi sia piaciuto con una questione generazionale, probabilmente sono un pò vecchia per romanzi di questo tipo, ma continuando a leggere e ripensando a me qualche anno fa, ho chiara la certezza che non lo avrei comunque apprezzato. Insomma il mio consiglio personale e spassionato è, se proprio avete 2 ore da buttare, dedicatele a qualcos'altro. Evito commenti invece su come i premi letterari vengono assegnati.

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mercoledì 4 settembre 2013

WAYLANDER - David Gemmell

Colui che sfida la morte per raggiungere un obiettivo, pur essendo cosciente che le probabilità a suo favore sono minime, è un eroe, un romantico. Waylander ne è un chiaro esempio. Eppure fermarsi a questa definizione sarebbe riduttivo. David Gemmell ci offre la rappresentazione di un personaggio più complesso, più travagliato e quindi più intrigante. Gemmell sostiene che ogni uomo porta dentro di sé i semi del bene e del male e a lui spetta decidere quali fare crescere.
Waylander è un malvagio. La storia ci spiega che non lo è sempre stato, lo è diventato, per motivi anche comprensibili ma non è questo che conta. I delitti che ha commesso nel corso della sua esistenza sono ormai innumerevoli e la fama sinistra del quale è circondato gli ha valso la reputazione di assassino infallibile e spietato. Non merita comprensione o simpatia, né lui la cerca. Tuttavia la sua coscienza è rosa dal rimorso, come un vaso che è andato riempiendosi per anni e che a un certo punto trabocca. Waylander non chiede perdono ma un'occasione per espiare le proprie colpe. Può una missione suicida, il cui successo regalerebbe la pace a un intero popolo, dargli la possibilità di ottenere la redenzione? Forse o forse no. Comunque vadano le cose, è in quel momento che il nostro diventa eroe. Non privo di macchie e con molta paura ma fiero, grazie al sacrificio compiuto a beneficio degli altri.
Donare la propria vita per salvare quella dei propri simili è un gesto nobile ed estremo ma se a compierlo è un assassino, resta ancora tale? Bisognerebbe chiederlo a coloro che ne beneficiano. Probabilmente vi risponderebbero che, chiunque egli sia stato, per loro è un eroe.


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sabato 31 agosto 2013

ROSA CANDIDA - Audur Ava Ólafsdóttir

Rosa Candida parla di fiori, di bambini e di paternità. La combinazione di tutti questi elementi non giocava certo a suo favore. Le poche piante che mi sono trovata ad accudire hanno avuto una vita piuttosto breve e non sono una grande amante dei libri il cui tema principale è "oh come sono belli i bambini appena nati". Nonostante questo però, devo ammettere che Rosa Candida mi è piaciuto e anche parecchio. Non so però spiegare perché. La storia è quella di Lotti, giovane ventiduenne islandese con una grande passione per le piante e il giardinaggio tramandatagli dalla madre. Lotti ha una vita normale senza troppi pensieri, fino a quando sua madre non muore e lui non concepisce una figlia con Anna, ragazza amata solo per "un quinto di notte". Lotti non sa come affrontare tutto questo e decide quindi di andarsene in Francia ad accudire il giardino di un monastero, lasciandosi dietro un padre anziano affettuoso e un po' apprensivo, un fratello con dei problemi mentali e Flora Sol, la sua bambina e la ragazza che è sua madre. E nel corso di questo viaggio troverà se stesso, imparerà ad essere padre e compagno. Il classico intreccio da romanzo di formazione, poco originale e anche un po' noioso. IL punto forte di Rosa Candida, non è sicuramente la trama, ad essere sinceri non succede particolarmente nulla di eclatante o sconvolgente. Quello che mi è rimasto e mi ha portato ad apprezzarlo è l'incredibile senso di quiete e serenità che traspare. Tutto avviene lentamente, i personaggi agiscono con i loro tempi, ogni gesto è misurato e pensato, possono prendersi del tempo per riflettere e pensare. Ho provato quasi invidia per la mancanza di frenesia nella vita dei personaggi di Rosa Candida, in confronto ai ritmi della vita quotidiana di quasi tutti noi. Alla fine della lettura mi sono sentita serena e in pace con il mondo, come se fossi emersa da una bolla incantata dove tutto è tranquillo. L'autrice, il cui nome è impronunciabile, con una scrittura leggera e un intreccio semplice e lineare regala ai suoi lettori degli incredibili momenti di serenità tanto rari quanto preziosi

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TITOLO ORIGINALE: Afleggjarinn

Rosa candida
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mercoledì 28 agosto 2013

AL MARE CON LA RAGAZZA - Giorgio Scerbanenco

Chi è nato in un paese di mare difficilmente capisce il desiderio spasmodico che spesso prende coloro che abitano in una grande città di poter andare in spiaggia, bagnarsi anche solo i piedi, o passeggiare lungo il mare. Si tratta di una necessità quasi fisica, una sorta di mancanza che in certe stagioni diventa quasi intollerabile. Ed è proprio questa mancanza che spinge i due protagonisti di Al mare con la ragazza di Giorgio Scerbanenco. Duilio e Simona, si conoscono fin dall'infanzia, sono figli del boom economico milanese degli anni 60. Boom economico che da una parte ha determinato benessere, ma dall'altra ha portato alla nascita di periferie degradate dove vivere all'ombra della grande città. Sognano fin da piccoli di abbandonare anche se per pochi giorni il quartiere dormitorio in cui vivono. Il mare è per loro non tanto un luogo fisico, quanto un luogo dell'anima dove la bellezza e la natura possono avere la meglio sullo squallore e la tristezza della periferia. Quando finalmente, pur accettando di invischiarsi in un affare poco pulito, riescono ad avvicinarsi a questo loro sogno, qualcosa va storto e quello che avrebbe dovuto essere un viaggio verso il mare diventa un'odissea nel nord est di Italia. Un viaggio non tanto per lasciarsi indietro le brutture e raggiungere la felicità, ma una discesa nel dolore per poi poterne uscire. Il mare, infatti, alla fine del romanzo riuscirà a spuntarla lasciando ai diversi protagonisti uno spiraglio di felicità e prospettive positive per il futuro.
Come in molte altre sue opere Scerbanenco non condanna gli atti dei suoi protagonisti, per quanto delittuosi possano essere, ma al contrario ci porta a provare empatia con loro analizzandole le motivazioni e il contesto che li spinge ad agire in questo modo. La descrizione della periferia milanese è talmente riuscita che diventa impossibile non comprendere il desiderio di mare di Duilio e Simona. Ed è proprio qui la forza drammatica di Scerbanenco, nella sua capacità di descrivere gli ambienti in cui i suoi protagonisti si muovono, la sua penna è in grado di creare immagini come se fossero fotografie. Ancora una volta mi ritrovo a pensare che questo autore meriti molto più spazio e molta più attenzione di quelle ricevute.



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martedì 20 agosto 2013

HUNGER GAMES - Suzanne Collins

Di solito non mi fido di quelle storie la cui principale attrattiva è l'ambientazione. Spesso, dopo un inizio sfolgorante, si finisce delusi da una trama inconsistente. Gli Hunger Games sono un'idea originale, la trama però non altrettanto. Tuttavia bisogna dare atto a Suzanne Collins di aver saputo imporre un ottimo ritmo alla narrazione, riuscendo così a catturare l'attenzione del lettore per tutta la durata del romanzo, qualità, questa, che non sempre le storie possiedono.
I personaggi sono ben tratteggiati, la protagonista è in gamba, ha coraggio e la giusta dose di cinismo che la rende credibile, un'eroina nella quale potersi riconoscere. Un po' meno convincenti i cattivi ma questa è una caratteristica comune ad altre scrittrici. Sarà una coincidenza ma non è la prima volta che mi capita di trovare malvagi grossolani in opere di autori appartenenti al gentil sesso. Mi piace pensare che dipenda dal fatto che sono appunto "gentili".
Suzanne Collins racconta di una società estrema, della quale i suoi Hunger Games sono l'espressione più grottesca. Colpisce la scelta di descrivere la popolazione sottomessa come gente non solo dominata ma del tutto sconfitta. L'agghiacciante prospettiva di vedere un proprio figlio consegnato alle autorità per partecipare a una competizione nella quale probabilmente morirà, viene vissuta con rassegnazione, nemmeno un tentativo di rivolta, nemmeno da parte di chi viene chiamato a partecipare. Viene definito "tributo" ed in effetti è come fosse una tassa da pagare: costa ma permette di vivere sereni.
Compito della fantascienza è sondare il campo delle ipotesi: cosa accadrebbe se…? Come dicevo, capita spesso che l'autore si fermi a questa domanda, senza riuscire a sviluppare il tema. Suzanne Collins si limita, in questo che è il primo capitolo di una saga, a raccontarci come il mondo di Panem viva e sopravviva attraverso contrasti così netti, senza offrire soluzioni ma semplicemente con l'intento di arrivare al giorno dopo. Si colgono i semi del cambiamento ma non sono nemmeno germogli e si può solo immaginare se mai la nostra Katniss vivrà in una società più libera e giusta.
Non resta che proseguire la lettura per scoprirlo.

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venerdì 16 agosto 2013

IL SABOTATORE DI CAMPANE - Paolo Pasi

Quella che Pasi fa ne il suo "Sabotatore di campane" è un'analisi realistica e per certi versi spietata della nostra società. E lo fa mescolando sapientemente ironia, memoria e realismo. Il sabotatore del titolo è Gaetano, anziano anarchico, che per vendicare un eccidio fascista del '44 da cui si è salvato solo il prete, va in giro per l'Appennino tosco-emiliano a sabotare le campane, in modo che non suonino più. Questo fino a quando non arriva a Roccapelata, piccolo paesino sconosciuto dove non succede mai nulla e che sta lentamente scomparendo: i giovani se ne vanno, non nascono più bambini e i turisti non ne conoscono l'esistenza. Durante il tentativo di sabotaggio Gaetano uccide involontariamente il parroco del paese e qui si scatena il pandemonio. I media cominciamo a portare l'attenzione sul paese e gli abitanti fanno di tutto per mettersi in mostra fornendo informazioni non vere o andando a tirare fuori pettegolezzi senza nessun fondamento, il tutto per un pò di celebrità. Nessuno sembra più interessarsi alla verità su quanto accaduto, l'essenziale è tenere l'attenzione sveglia sul paese e su chi lo abita. La fama diventa un ideale da raggiungere più importante della verità e della giustizia. Il richiamo a certi eventi di cronaca che hanno riempito per mesi le pagine dei nostri giornali è evidente. Gaetano, che crede ciecamente nella verità e nella giustizia, non riesce a capire questa smania di notorietà. Il conflitto tra lui, uomo di solidi ideali ancorato nel passato, e gli abitanti di Roccapelata che alla ricerca della verità e della giustizia antepongono il successo ben rappresentano uno dei conflitti che percorrono l'evolversi della nostra società. Pasi, però, con un colpo di coda finale, ci ricorda come sia importante non rimanere bloccati al passato e come i fatti storici spesso, se considerati da un solo punto di vista, non sempre sono così veritieri. Ho apprezzato molto il lavoro di Pasi e non solo perché, spesso, desidero che qualcuno saboti le campane del campanile del mio paese che suonano nei momenti più impensati rendendo impossibile guardare la tele, ascoltare la musica o dormire.

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martedì 6 agosto 2013

SOFIA SI VESTE SEMPRE DI NERO - Paolo Cognetti

Sofia, la protagonista dell'opera di Cognetti, mi è decisamente antipatica. Sofia veste sempre di nero è un gran bel romanzo. Sono due affermazioni che, almeno per quanto mi riguarda, difficilmente possono andare insieme. Solitamente i libri mi piacciono molto quando riesco in qualche modo a provare empatia con il protagonista, con Sofia questo non è successo. E' una donna inquieta, sempre alla ricerca di qualcosa, eternamente insoddisfatta di sé, delle persone che la circondano e della propria vita. Questa sua continua insoddisfazione la porta a vivere perennemente in fuga. Lo ha sempre fatto, fin da piccola quando con il suo amico del cuore giocava ai pirati immaginando un mondo diverso dalla periferia borghese residenziale in cui si è trasferita con i propri genitori. Ha continuato a farlo nel corso dell'adolescenza tentando dapprima il suicidio ed andando poi a vivere con la zia. E anche crescendo ha mantenuto la tendenza alla fuga dalla realtà, scegliendosi il lavoro di attrice che la ripara dagli sguardi indiscreti degli altri rendendola ancora più sfuggevole.
Per rendere questa sua caratteristica Cognetti, in maniera a mio parere geniale, non ce la presenta mia come la vera protagonista della sua narrazione, i capitoli/racconti che compongono la sua opera sono sempre narrati dal punto di vista di chi le sta vicino, Sofia non è mai in pieno sotto la luce dei riflettori risultando così sfuggente anche a noi lettori, che non riusciamo mai a comprenderla appieno. Quello che me l'ha resa particolarmente antipatica è proprio questo suo continuo nascondersi e fuggire, l'incapacità di affrontare la realtà per quello che è, soprattutto di fronte a responsabilità importanti o ad impegni che diventavano più seri.
E' però un personaggio femminile delineato molto bene e sicuramente credibile e veritiero. Altrettanto veritieri sono i personaggi che la circondano, il padre tra i miei preferiti in assoluto, che affascinati da questa donna che non concede mai nulla di se stessa la vedono svanire senza sapere come trattenerla.
Ma Cognetti non ci racconta solo di Sofia. La sua protagonista è in realtà lo specchio su cui si riflettono tutti coloro che gli ruotano intorno e la società in cui vive, Attraverso di lei e i racconti sulla sua crescita riviviamo il boom economico di fine anni 60 e gli anni di piombo. nel suo percorso di crescita assistiamo al digregarsi dell'ideale borghese di famiglia che raggiunti certi paletti fissi (matrimonio, figli, casa di proprietà), deve per forza essere una famiglia felice.
Sofia si veste sempre di nero è quindi non solo un bel ritratto di figura femminile, ma anche un affresco ben delineato sulla storia dell'Italia e della sua società negli ultimi 30 anni.

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domenica 4 agosto 2013

LA TERZA RIVOLUZIONE INDUSTRIALE - Jeremy Rifkin

Jeremy Rifkin sostiene che l'umanità ha bisogno di una narrazione per pianificare il proprio futuro. La Terza Rivoluzione Industriale che ci racconta però è qualcosa che sta già accadendo, il suo intento è fare ordine fra tutti gli eventi che la stanno rendendo reale, verificare cosa è già stato fatto, cosa manca e perché. L'era del petrolio è finita, non è una dichiarazione ad effetto ma un dato di fatto che si basa su valutazioni scientifiche, stiamo letteralmente raschiando il fondo del barile ed è ormai necessario passare oltre, sostituire l'attuale dipendenza dai combustibili fossili con nuove tecnologie di produzione di energia eco-sostenibili.
L'energia è la chiave della nostra esistenza, se in passato è stata lo strumento per migliorare il nostro tenore di vita oggi può determinare la sopravvivenza stessa della specie umana. E' innegabile infatti che, se da una parte i combustibili fossili hanno permesso l'evoluzione di tecnologie di produzione avanzate dalle quali è scaturita una società più libera e ricca, è anche vero che il loro massiccio utilizzo ha modificato negativamente l'ambiente, mettendo in crisi la nostra biosfera. Serve quindi un nuovo modello di sviluppo che permetta di mantenere livelli di benessere non solo in termini di ricchezza procapite ma anche di salute ambientale. La Terza Rivoluzione Industriale e i cinque pilastri sui quali si basa e che Rifkin descrive dettagliatamente non solo sarà in grado di risolvere questo grande problema ma farà da volano a un'economia nuova, che cambierà radicalmente il nostro stile di vita e la società così come oggi la conosciamo. Cambieranno le metodologie di lavoro, si passerà da un'impostazione gerarchica a una "laterale", dove la collaborazione avrà più valore dell'impresa del singolo perché il benessere non verrà più ottenuto dal successo di iniziative private e singole bensì dalla condivisione delle stesse.
Rifkin insiste sul parallelismo fra la rete delle reti e la metodologia collaborativa, tutti dispongono di un accesso diretto alle risorse, senza intermediazioni, promuovendo il rapporto fra produttore e consumatore e incoraggiando chi consuma a produrre a sua volta. Le grandi strutture gerarchiche perderanno consistenza, divenendo obsolete, pachidermi non più in grado di dare le risposte necessarie al salto generazionale che attende il genere umano.
La visione alta ma al tempo stesso molto pratica di Rifkin offre un punto di vista chiaro sull'attuale situazione geopolitica, confortato da prove oggettive e dati evidenti che spiegano l'andamento dell'economia a livello mondiale nell'ultimo secolo. I progetti illustrati da Rifkin, peraltro già adottati o in fase di esame da parte dell'Unione Europea e degli Stati Uniti, alcuni anche in Italia, si basano su proposte concrete, facendo uso di tecnologie già disponibili. Niente di futuristico o campato per aria, la Terza Rivoluzione Industriale è tecnicamente realizzabile già oggi e verrà avviata nel momento in cui le amministrazioni pubbliche riusciranno a sganciarsi definitivamente dalle lobby, attualmente ancora potenti, della vecchia guardia, forte della ricchezza accumulata durante tutto l'arco della seconda rivoluzione industriale, quella dei combustibili fossili, nel precedente secolo.
Colpisce come idee che fino a vent'anni fa potevano apparire utopistiche o addirittura ridicole, direi di stampo "asimoviano", oggi non solo sono attuali e interessanti ma addirittura diventano necessarie. Anche l'opinione pubblica ormai percepisce il senso di urgenza col quale affrontare il tema ambientale, non più esclusivo argomento di idealisti e amanti della natura ma materia pratica di economisti e capi di stato, alle prese con problemi sociali, di occupazione, di sicurezza e salute che in questi ultimi anni sono diventati sempre più pressanti, provocati non solo dalle semplici speculazioni di borsa ma dalla fine di un'era.
Come lo stesso Rifkin prevede, ci saranno senza dubbio gli scettici, troppo legati a un'impostazione che ormai dura da generazioni, incapaci di vedere oltre il proprio orticello e comunque non pronti ad accettare un cambiamento epocale in tempi rapidi. Il cambiamento avverrà, non per scelta ma, come si diceva, per impellente necessità. Riguardo i tempi di realizzazione non saranno brevi ma non potranno andare oltre qualche decennio, le previsioni guardano alla prima metà di questo secolo. Se può sembrare un periodo troppo breve basti pensare a come alcune conquiste tecniche e sociali che oggi diamo per scontate, fossero materia di ricerca fino a meno di vent'anni fa, ad esempio Internet. Lo stesso strumento col quale sto scrivendo questo testo, negli anni '90 non era ancora stato pensato e lo smartphone col quale lo state leggendo probabilmente non era nemmeno ancora in fase di progetto. E' una questione di inerzia, un motore che una volta avviato non può più fermarsi, che innesca una serie di eventi a catena, i quali porteranno a un cambio non solo nella vita quotidiana ma molto probabilmente dell'intera nostra civiltà.


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venerdì 2 agosto 2013

RESISTERE NON SERVE A NIENTE - Walter Siti

Resistere non serve a niente è senza ombra di dubbio una lettura faticosa. Non è un difetto, ma se nella lettura cercate puro intrattenimento, sicuramente l'opera vincitrice del premio Strega 2013 non fa per voi. Devo ammettere che esprimere un giudizio è piuttosto complicato, sono certa di non avere compreso tutti gli intrecci che l'autore prova ad illustrare, ma allo stesso tempo ha prodotto in me una maggiore consapevolezza su certi meccanismi che governano il nostro mondo e che alla maggior parte delle persone sfuggono. Lo scrittore modenese ci introduce con la sua opera a cavallo tra romanzo e saggio sociale al mondo della finanza, cercando di illustrare i forti legami che intercorrono con la criminalità organizzata, dimostrando come siano talmente pervasivi da essere impossibile opporre resistenza.
Non sono solo i temi trattati a rendere difficile la lettura, ma è la struttura stessa che l'autore ha dato alla sua narrazione. Il libro è come diviso in 3 parti diverse, in ognuna delle quali l'attenzione si concentra su un particolare personaggio e su una particolare tematica.
La prima parte ruota intorno alla figura dello scrittore, che si assumerà il compito poi di raccontare la vicenda del protagonista delle altre due parti. L'idea che si ha è quella che Siti dichiari in questa parte qual è la sua poetica: lo scrittore deve raccontare la società e l'attualità vivendoci dentro e sperimentando sulla propria pelle quello che ci racconta. La figura dello scrittore ci mostra poi come sia difficile non rispondere al fascino nascosto del potere e dei soldi.
La seconda parte è incentrata su Tommaso, vero protagonista di questa vicenda, giovane broker nel pieno del suo successo di cui lo scrittore decide di raccontarci la storia. Tommaso è uno sposato sociale cresciuto con forti difficoltà relazionali, adolescente bulimico sempre alla ricerca di cibo per saziare i vuoti affettivi, decide ad un certo punto di cambiare vita, e con l'aiuto di alcuni personaggi non ben definiti e grazie al suo ingegno matematico si laurea e entra nel mondo della finanza. Siti ci racconta la sua ascesa e il suo successo, la sua mania per il lavoro e per l'accumulo di ricchezza e la sua incapacità di creare relazioni stabili, la sua bulimia si è spostata dal cibo al denaro. E' un gran bel personaggio, delineato bene, profondo e veritiero.
La terza parte, è probabilmente quella più complessa, vengono svelate le vere attività di Tommaso e il legame di queste con la criminalità, ma Siti non si limita a questo, ma cerca di mostraci come la criminalità, attraverso operazioni legalmente linde, posso controllare attraverso il mondo della finanza le scelte politiche e sociali delle principali democrazie. Questa è probabilmente la parte più complessa e spesso noiosa, ma sta qui il vero messaggio che l'autore voleva comunicarci.
Come già detto, non sono certa di aver compreso tutto, sicuramente ha aumentato la mia consapevolezza su come economia, finanza, politicia e criminalità siano più intrecciate di come le persone siano portate a pensare.
Una lettura difficile, ma che lascia anche molto da riflettere.


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giovedì 1 agosto 2013

SCORRE LA SENNA - Fred Vargas

Tra le mie letture estive non poteva mancare Fred Vargas e il commissario Adamsberg. Scorre la Senna raccoglie 3 racconti scritti dalla Vargas in periodi temporali diversi in cui ritroviamo il modus operandi del commissario parigino e dei suoi collaboratori. La loro brevità li rende meno coinvolgenti degli altri romanzi con protagonista Adamsberg, ma mantengono tutto il fascino che contraddistingue le opere della Vargas. I delitti e le indagini, come sempre nel caso della scrittrice francese, sono un po' in secondo piano lasciando spazio ai personaggi e alle loro relazioni. Al centro di tutti i racconti è la solitudine, tutti i personaggi centrali delle diverse vicende sono in qualche modo soli e la loro solitudine è ben rappresentata visivamente dagli elementi che la Vargas utilizza per descriverceli. Ho veramente trovato splendida l'immagine dell'uomo che aspetta sulla panchina di fronte al commissariato con una lampada ed un servo muto. Se già conoscete Ademsberg probabilmente questa raccolte vi lascerà un po' tiepidi, se invece non vi siete ancora imbattuti in lui è sicuramente un buon modo per fare la sua conoscenza. In ogni caso una piacevole lettura estiva.

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Titolo originale: Coule la Seine

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mercoledì 31 luglio 2013

E A MIO NIPOTE ALBERT LASCIO... - David Forrest

Non ho un gran bel rapporto con i libri comici. Non so come mai, ma per qualche strano motivo la comicità scritta non mi arriva. Per questo motivo "E a mio nipote Albert lascio l'isola che ho vinto a Fatty Hagan in una partita a poker" è stato una gradita sorpresa e una felice eccezione a questa mia difficoltà. Il romanzo è stato pubblicato per la prima volta nel 1969 in Inghilterra e in Italia tradotto nel 1977. Da allora nonostante il successo riscosso e le richieste di ristampa, non è più stato ripubblicato fino allo scorso anno quando Il Saggiatore ha deciso di riproporlo. E meno male, direi io. Il lungo periodo di oblio è probabilmente dovuto ai timori, da parte delle case editrici, che i temi trattati potessero risultare datati e non più avvincenti. Il romanzo è infatti una feroce satira della guerra fredda. Russi e Americani si trovano a contendersi una sperduta e minuscola isola di pochi metri quadri nel canale della Manica, inviando sul posto due contingenti militari. Forrest, in realtà uno pseudonimo dietro a cui si nascondo due giornalisti inglesi, ci racconta le vicende dei due gruppi militari costretti a stretto contatto e che poco per volta impareranno a conoscersi e uniranno i propri sforzi per un obiettivo comune: la produzione di alcolici. La guerra fredda e l'antimilitarismo potrebbero sembrare datati, ma il taglio dato alla narrazione e l'attenzione posta sui rapporti umani tra i due contingenti "nemici", rendono questo romanzo ancora attuale. La nostalgia di casa, l'amicizia, le donne (e l'amore) rendono gli uomini, anche se di paesi o culture diverse, molto più simili di quello che si possa pensare e in grado di lavorare insieme per un obiettivo comune, poco importa se è la distillazione di alcool o qualcosa di più alto. Ho trovato questa lettura molto piacevole e divertente, con un bel messaggio di fondo che ancorai giorni nostri rimane, purtroppo, attuale.

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Titolo originale: And to My Nephew Albert I Leave the Island What I Won off Fatty Hagan in a Poker Game

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lunedì 29 luglio 2013

LA BANDA DEGLI INVISIBILI - Fabio Bartolomei

Un romanzo come La Banda degli invisibili poteva essere solo opera di un autore italiano. E non è per i temi sociali e politici affrontati, che ovviamente fanno riferimento al nostro paese, ma è per il mix tra risate ed amarezza tipico della commedia all'italiana. Leggendo le avventure dei 4 protagonisti del romanzo di Bartolomei si ride e si ci diverte tanto, ma allo stesso tempo si riflette sulla nostra società, sui valori che la contraddistinguono, sull'importanza dell'amore e dell'amicizia.
I componenti della Banda degli invisibili sono 4 amici ultra settantenni che nonostante l'età ad essere considerati inutili ed invisibili, appunto, non ci stanno. Mossi da un forte senso civico dovuto alla loro esperienza di partigiani cercano a modo loro di combattere l'inciviltà e la decadenza morale da cui sono attorniati con iniziative dapprima puramente goliardiche fino ad arrivare al rapimento di un importante uomo politico, solo per il piacere di sentirlo chiedere scusa.
Bartolomei attraverso le avventura dei suoi protagonisti fa un'analisi piuttosto spietata del nostro paese e della nostra società: giovani senza futuro, anziani dimenticati e soli, difficoltà economiche, inciviltà e maleducazione. Analisi resa ancora più pesante dal fatto che ci viene proposta da persone che hanno lottato e rischiato la vita per la libertà dell'Italia e che non si capacitano di cosa sia diventata.
Antidoti alle miserie della nostra società sono l'amicizia e l'amore che ad 80 anni come a 15 ci permettono di continuare a sognare e di guardare al futuro con speranza, o almeno di trascorrere serenamente giornate che altrimenti sarebbero vuote e prive di senso.
Una bella lettura per riflettere sorridendo.

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domenica 14 luglio 2013

L'ULTIMA CORSA PER WOODSTOCK - Colin Dexter

Come lettrice tendo ad innamorarmi facilmente dei detective dei romanzi gialli che leggo. Ho un debole per il commissario Adamsberg, protagonista dei romanzi della Vargas, e da ragazzina adoravo Poirot. Non riesco però a capire se nel mio cuore ci sarà spazio o meno per l'ispettore Morse, investigatore inglese un po' orso, amante dell'enigmistica, uscito dalla penna di Colin Dexter. L'ultima corsa per Woodstock è il primo romanzo che lo vede come protagonista. E forse, proprio per questo motivo, non è riuscito a far scoccare la scintilla. Probabilmente il personaggio è ancora un po' acerbo, e il rapporto con Lewis, la sua spalla investigativa deve essere ancora rodato. Ci sono comunque tutti gli elementi per renderlo interessante. Morse non è il classico detective sempre sicuro di se stesso e perfetto conoscitore dell'animo umano, anzi nel corso della narrazione lo vediamo più volte in difficoltà sia dal punto emotivo che da quello fisico, arrivando a fare quasi tenerezza. Spesso burbero, con delle difficoltà di relazione con i suoi simili emana però un certo fascino. Per quanto riguarda la vicenda, si tratta di un giallo dalla struttura molto classica: una giovane donna scompare e viene trovata morta poco dopo. Dexter ci racconta l'indagine seminando indizi e false piste, arrivando ad un finale per certi versi inatteso. Penso proprio che gli concederò una seconda chance.

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Titolo originale: Last bus to Woodstock
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venerdì 12 luglio 2013

IL GIARDINO DEI SEGRETI - Kate Morton

Non posso prendermela con nessuno se non con me stessa. Ogni tanto non riesco a trattenermi dall'acquistare libri, sopratutto in offerta, che dovrei già sapere che difficilmente potranno piacermi. E questo è proprio quello che è successo con Il giardino dei segreti. Che a pensarci bene con un titolo così cos'altro potevo aspettarmi? La trama ruota intorno ad una donna e al mistero sulle sue origini. Mistero che è pressoché impossibile non risolvere già dopo due pagine ed è talmente scontato che per tutto il romanzo ho sperato di essermi sbagliata. E' un peccato perchè i diversi personaggi, ed Eliza in particolare, sono piuttosto interessanti, con dei caratteri complicati e ben descritti. Più discutibile è invece, a mio parere, la scelta di raccontare la vicenda attraverso continui salti temporali che spostano l'attenzione sulle tre protagoniste e sulle diverse epoche in cui si muovono. Si tratta di una scelta interessante, peccato che l'autrice spesso non abbia il controllo dei vari elementi e di come questi possano passare da un'epoca all'altra. Mi sono infatti chiesta spesso come potesse una qualunque delle tre protagoniste conoscere alcuni eventi accaduti ad una delle altre. Insomma un romanzo che non mi ha lasciato nulla, se non l'insegnamento che è meglio evitare gli acquisti di impulso, soprattutto se abbiamo già la sensazione che in realtà sarebbe meglio lasciar perdere.

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Titolo originale: The Forgotten Garden
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martedì 9 luglio 2013

UN GIORNO - David Nicholls

Uno dei temi classici della letteratura prima e del cinema poi è quello dell'amicizia tra uomo e donna e della linea sottile che lo divide dell'amore. Leggendo senza soffermarsi troppo la quarta di copertina di Un Giorno si potrebbe facilmente pensare "No un'altra banalissima storia di amore/amicizia tra un uomo e una donna". In effetti gli ingredienti ci sono tutti. Due giovani trascorrono una notte insieme, rimangono amici per anni, incontrandosi e allontanandosi e poi finalmente sboccia l'amore. Ma Nicholls, in realtà, ci racconta molto di più, la storia d'amore è più che altro la copertina di qualcosa di molto più profondo e interessante. Nelle pagine del suo romanzo scorre il processo di crescita di due persone alla ricerca di se stesse che solo quando riescono ad abbandonare gli estremismi e le insicurezze della gioventù, riescono veramente a capire cosa nella vita li fa felici. Emma, la protagonista femminile, è la classica ragazza idealista che non vuole venire a patti con le brutture del mondo, assolutista nei suoi ideali e assolutamente priva di quella sana dose di cinismo che le permetterebbe di trovare la felicità senza dover a tutti i costi salvare il mondo. Il protagonista maschile, Dexter, invece è l'esatto opposto, sicuro di se e alla ricerca continua del successo, o di quello che lui considera tale, talmente preso dal suo vivere sulla cresta dell'onda che non ha neanche il tempo di capire cosa vuole veramente. La felicità per entrambi arriverà solo quando con la maturità e un minimo di esperienza impareranno a guardarsi l'un l'altro capendo veramente cosa entrambi vogliono dalla vita. E' un libro sicuramente riuscito, forse anche un po' ruffiano: chiunque può riconoscersi a un certo punto della vicenda nei desideri e nelle paure di uno dei 2 protagonisti. L'unica nota dolente è probabilmente il finale, ma non voglio rivelare troppo.
P.S il film che ne è stato tratto non vale neanche lontanamente il romanzo.

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Titolo originale: One Day
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domenica 7 luglio 2013

UN GIORNO QUESTO DOLORE TI SARA' UTILE - Peter Cameron

Probabilmente non ho più l'età per un romanzo come Un giorno questo dolore ti sarà utile. Perchè sinceramente non l'ho capito e non ho neanche colto le motivazioni per cui viene considerato da tanti una sorta di cult. Cameron ci racconta alcuni mesi dell'esistenza di James Sveck, diciottenne newyorkese alla ricerca di se stesso, come un po' tutti a quell'età. Per cui lo seguiamo nei suoi goffi tentativi di definire la sua sessualità, nel suo rapporto con i genitori separati e per certi versi più infantili di lui, nelle sue difficoltà di rapportarsi con i suoi coetanei. Unica ancora di salvezza è la nonna che, senza mai giudicarlo, prova a capirlo e ad indirizzarlo. E devo ammettere che James per certi versi mi è anche risultato simpatico. E' un personaggio credibile: a 18 anni, chi più chi meno, siamo tutti un po' assolutisti, snob e disadattati (James è un pò esasperato in tutto questo, ma ci può stare). Il problema è dato dal fatto che la trama non conduce da nessuna parte, il romanzo non inizia e non finisce, e come se si leggesse una lunga introduzione, ma arrivati alla fine invece del primo capitolo si trova la fine. L'intento di Cameron probabilmente è quello di immergere il lettore nel senso di attesa e di inizio che caratterizza l'età di James. A 18 anni si attende che propria viti inizi, per cui tutto si cristalizza in attesa che qualcosa capiti. A mio parere il risultato non è stato dei migliori, ma come già detto potrebbe essere una semplice questione anagrafica. Per il resto è sicuramente scritto bene, con alcune trovate stilistiche, soprattutto per quanto riguarda i salti temporali, ben riuscite e dei personaggi ben delineati, anche se un po' caricaturali. Chissà che effetto mi avrebbe fatto se lo avessi letto ad un'età più vicina a quella del protagonista?

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Titolo originale: Someday this pain will be useful to you
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sabato 29 giugno 2013

OPEN. LA MIA STORA - Andre Agassi

Non so perché abbia deciso di leggere Open di Agassi. Non sono un'amante del tennis, se mi capita do un'occhiata a qualche partita in tv, ma non è uno sport che mi appassiona particolarmente. Agassi me lo ricordavo più per il gossip fiorito intorno a lui e alla sua relazione con Brooke Shields che per le sue imprese sportive. Ma era stato così tanto in classifica dei libri più venduti, che ad un certo punto non ho più retto alla curiosità. E meno male, perché altrimenti mi sarei persa una gran bella lettura. A prima vista potrebbe sembrare la classica storia del sogno americano: un bambino di una famiglia disadattata si scopre con un grande talento e lavorando sodo riesce a far successo. Ma solitamente in questo tipo di storie il protagonista ama il suo talento e pur dovendo faticare per metterlo a frutto non potrebbe farne a meno. Per Agassi non è così. Agassi odia il tennis e lo odia con tu se stesso, ma non sa fare altro. E tutto il racconto si incentra su questo conflitto tra il dover fare una cosa che ci riesce bene e che ci conduce al successo, e la ricerca vera di se stessi. Agassi non si nasconde. Ci racconta della sua infanzia e delle aspettative di suo padre per cui contava solo che lui diventasse un campione. Ci parla delle sue sconfitte, non solo sul campo, e delle sue vittorie, svelandoci come "una vittoria non è così piacevole quant’è dolorosa una sconfitta". Ci racconta della sua vita privata e di come abbia finalmente trovato una ragione di vita nella sua famiglia e nell'aiutare gli altri. E ovviamente ci racconta il tennis. Ma è un caso che sia il tennis, potrebbe essere qualunque altro lavoro, perché Open non è la storia di un'atleta, ma la storia di un uomo. Assolutamente consigliato a tutti.

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mercoledì 26 giugno 2013

CINQUE STORIE FERRARESI - Giorgio Bassani

Ferrrara è il filo comune che collega le 5 storie raccontate da Bassani in questa raccolta. La cittadina di provincia viene descritta dall'autore nei più minimi dettagli, al punto che ritrovandosi veramente a passeggiare per le sue vie si ci aspetta di potersi imbattere da un momento all'altro in uno dei protagonisti da questi racconti. La minuta descrizione della città viene fatta da Bassani non per sfoggio manieristico e per semplice amore del dettaglio, ma ha uno scopo ben preciso. Connotare fisicamente lo sfondo delle vicende raccontate, rendere riconoscibili gli ambienti come reali serve a far percepire al lettore come vere anche le vicende narrate che prendono così una natura universale, e non più di mero episodio. I temi toccati sono diversi: il desiderio di maternità, l'accidia della vita di provincia, il fascismo e l'antifascismo, il dolore personale che si confronta con quello sociale. Non è una lettura facile, Bassani ci mette di fronte a questioni e a situazioni che mettono in difficoltà certe convizioni che si hanno su come si ci sarebbe comportati in circostanze simili.

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martedì 25 giugno 2013

ADDIO ALLE ARMI - Ernest Hemingway

Stile asciutto quello di Hemingway, frasi scritte a muso duro, dialoghi frammentati, a volte spiazzanti. Addio alle armi lascia frastornati, momenti di quiete si alternano ad altri più frenetici, con un fondo di tensione costante che permea tutta la storia. Il protagonista non è mai del tutto sereno, anche in quei momenti nei quali sembra esserlo, come se in lui si agitasse costantemente lo spettro di un oscuro destino.
Hemingway ci mette in guardia, la vita è effimera, in balia della Morte, qualunque cosa facciamo, ogni gioia che viviamo sarà sempre oscurata almeno in parte dalla sua ombra. Per questo egli la odia e la sfida, andando là dove regna sovrana, nei campi di battaglia, là dove, in un Italia dissanguata, si consuma il dramma della Grande Guerra. La sfiorerà più volte, senza paura poiché è consapevole del rischio ma è solo così che sente di poterla in qualche modo contrastare, solo così riesce a sentirsi vivo e padrone del proprio destino.
Tuttavia, appena la sua lotta si interrompe e cede alle lusinghe di una vita più tranquilla, dell'amore, della famiglia, la Morte torna a minacciarlo e lui a temerla perché non può affrontarla. Ogni piccolo traguardo ha un sapore amaro, lo spettro della rovina aleggia sui due amanti, la loro è una vita in fuga, senza futuro, vissuta alla giornata. Non resta che aggrapparsi al presente, godere di ogni attimo come fosse l'ultimo, rendendo così ogni piccolo gesto, ogni singolo momento importanti, unici. Ecco, forse è questa l'unica arma che ci resta, assaporare ogni attimo, dando ad esso l'importanza del momento più bello, perché rispetto al nulla, anch'esso sarà immenso.
Una vita decadente, senza futuro o al contrario romantica ed eroica perché vissuta con coraggio pur sapendo la tragica fine che ci attende? Forse la sintesi fra i due estremi conduce alla giusta via di mezzo.
Addio alle armi è un romanzo tormentato, tortuoso, immerso nella pioggia e nella nebbia con rari sprazzi di luce, il cui contrasto ferisce gli occhi. Ma non per questo è ingeneroso, giunti alla fine vi lascerà qualcosa.

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sabato 22 giugno 2013

IL CENTODELITTI - Giorgio Scerbanenco

I racconti andrebbero letti con calma, meglio uno o al massimo due al giorno, per evitare di portarsi dietro da uno all'altro echi e sensazioni. Ma quelli raccolti nel Centodelitti di Scerbanenco sono esattamente come le ciliegie: uno tira l'altro ed è assolutamente impossibile smettere. Nel volume sono raccolti 100 racconti scritti in pochi più di 2 anni a partire dal 1963 per essere pubblicati su una rivista femminile. E sono tutti talmente belli, anche quelli appena accennati, da chiedersi come sia possibile che tutto questo sia stato partorito da un'unica penna. La bellezza di questi racconti non sta tanto nella trama, che in poche pagine spesso riesce appena da abbozzarsi, ma nella capacità di Scerbanenco di delineare, quasi come una fotografia, con pochi tratti ambienti ed emozioni. E proprio grazie a questa capacità la lettura di questi racconti diventa un viaggio all'interno della società italiana di quegli anni, da Milano a Napoli, passando per Torino e la Sicilia. Un viaggio attraverso i diversi strati sociali dell'Italia del boom dove convivono ricchezza e povertà, imprenditoria e malavita, ma in cui gli uomini e le donne soffrono degli stessi mali e sono mossi dalle medesime pulsioni. Scerbanenco, volutamente, non si sofferma tanto sulle azioni delittuose che i protagonisti dei suoi racconti compiono, ma cerca di illustrarcene le motivazioni e le cause che le hanno determinate: ansie, frustrazioni, desideri. Quasi come se il suo intento fosse quello di creare una sorta di compendio di dolori e di tristezze umane. E ancora una volta il grande maestro del noir colpisce ancora.

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sabato 15 giugno 2013

AGNES BROWNE MAMMA - Brendan O'Carroll

Sinceramente non so che dire di Agnes Browne Mamma di O'Carroll. Approdata a questo romanzo dopo aver lette diverse critiche entusiaste, a me è sembrato un pò insipido. La storia è quella di Agnes Browne, proletaria dublinese degli anni 70, e dei suoi sette figli. E' un libro leggero, in certi punti anche molto divertente, ma alla fine della lettura non mi ha lasciato assolutamente nulla. Ed è un peccato, perchè ad approfondire di temi interessanti ce ne sarebbero potuti essere diversi. Cominciamo dalla situazione femminile in un paese cattolico come l'Irlanda negli anni 60. Agnes rimane sposata per anni ad un uomo arido, che la picchia ma da cui non si allontana. E qui non si capisce se non lo fa perchè non può, perchè non vuole o perchè la società del tempo non lo permetteva. Altro tema appena accennato è quello dell'oscurantismo cattolico ben rappresentato dal moto di ribelione di Agnes di fronte alle angheria di un'insegnate della scuola cattolica della figlia, o dalla conversazione molto divertente sull'orgasmo, questo sconosciuto. L'autore si limita invece a tratteggiare un ritratto di una donna gioviale e della sua famiglia, lasciando le tematiche sociali appena accennate. Il risultato è una lettura scorrevole e di puro intrattenimento, ma che sinceramente, avrei anche potuto evitarmi.

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Titolo originale: The mammy
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mercoledì 5 giugno 2013

IL CASO JANE EYRE - Jasper Fforde

Considerate le sue caratteristiche, il caso Jane Eyre di Jasper Fforde non poteva che piacermi e divertirmi. Inanzitutto è un romanzo di fantascienza, e io adoro la fantascienza. In realtà la definizione più calzante è quella di fantastoria. Le vicende sono, infatti, ambientate in un 1985 alternativo in cui Russia e Francia sono ancora impegnate nella guerra di Crimea e la letteratura è parte fondante della società. Al punto che esistono delle vere e proprie fazioni che sostengono un autore piuttosto che un altro. E qui veniamo all'altra caratteristica per cui non potevo non leggere Il Caso Jane Eyre. E' un romanzo che parla di altri romanzi, metaletteratura insomma. Ma lo fa in maniera geniale, divertente e appassionante. Protagonista della vicenda è Thursday Next, di professione detective letteraria. Il suo lavoro consiste nello sconfiggere i crimini contro i romanzi e contro la letteratura e nello svolgersi della narrazione la seguiamo alle prese con il furto della copia originale di Jane Eyre. Ma l'aspetto che più me lo ha fatto amare è l'idea, assolutamente geniale, che il mondo reale e quello letterario e di finzione dei romanzi siano in qualche modo collegati e sia possibile entrare dentro i romanzi e interagire con i protagonisti degli stessi. Geniale a mio parere è l'idea che gli eroi letterari siano coscienti di essere parte di un romanzo e di dover recitare in eterno sempre le stesse battute, così come l'idea di poterli seguire in tutti quei momenti che non sono narrati nei romanzi in cui si muovono. E questa è probabilmente l'elemento più divertente e più originale. Ammetto che la trama in qualche punto fa un pò acqua, certi passaggi non sono proprio chiari, ma l'ambientazione, la descrizione della società e le trovate relative al mondo dei libri sono più che sufficienti a far dimenticare alcuni elementi un pò confusi. Un bel romanzo per trascorrere piacevolmente alcune ore, alla fine del quale sarà impossibile non chiedersi in quale libro si vorrebbe entrare. Io un paio di idee ce le ho, e voi?

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Titolo originale: The Eyre Affair
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sabato 25 maggio 2013

IL TUTTOMIO - Andrea Camilleri

Non sono una fan sfegata di Camilleri e del suo Montalbano. Ne ho letti alcuni, li trovo divertenti e ben scritti, ma non sono di quei lettori che aspettano con ansia la nuova uscita di un romanzo sulle avventure del commissario. Probabilmente nella lettura de Il Tuttomio questo mi ha aiutato. Non ho, infatti, dovuto accettare l'assenza del commissario, così come aiutarmi allo stile e alla scrittura "italiana" dell'autore siciliano. Ho letto in giro delle critiche feroci su quest'opera, critiche che in realtà non condivido. Tutto sommato a me è piaciuto. Da molti è stato definito squallido e volgare, e questa è l'accusa che meno condivido. La trama è sicuramente scabrosa. Protagonista della vicenda è Arianna, trentatrenne rimasta bambina, sposata con Giulio che la ama e la protegge. La ama a tal punto da organizzare per lei incontri con altri uomini per far sì, che pur essendo lui impotente, la vivace moglie possa essere soddisfatta sessualmente. Non è certo un argomento da educande, ma da qui a definire squallida e volgare la narrazione che Camilleri ci propone ce ne passa. Soprattutto perché lo scrittore siciliano non si sofferma sui dettagli più scabrosi che una vicenda di questo tipo comporta, ma ne analizza soprattutto i risvolti psicologi. Arianna è una donna bambina con seri problemi psichici mai risolti e di cui nessuno si è mai accorto, neanche le persone che più le sono vicine. E Camilleri ne fa un ritratto inquietante, ma allo stesso tempo in grado di suscitare compassione. E' una donna sola, che è sempre stata sola, e che cerca nelle sue fantasie malate un rifugio dalla sua solitudine. Il linguaggio di Camilleri, è a differenza di tutti i suoi romanzi siciliani, freddo e tagliente, ed è proprio grazie a questa freddezza che riesce a passare al lettore tutta l'inquietudine della protagonista. E' uno stile che non lascia spazio a nessuna speranza, Arianna è destinata a non essere compresa. Un'altra delle critiche che gli viene mossa è l'eccessiva brevità, come se il romanzo dovesse essere pubblicato per forza, anche se non completo. Su questo aspetto mi trovo abbastanza d'accordo. La vicenda si conclude molto in fretta e alcuni dei personaggi, il marito di Arianna in primis, avrebbero meritato un'analisi più approfondita. L'impressione che si ha quando si arriva alla fine e quella di aver letto un episodio di una vicenda che potrebbe essere molto più complessa. Tutto sommato a me è piaciuto. Ovviamente, se Camilleri per voi è Montalbano e la Sicilia, probabilmente questo non è un romanzo che fa per voi.

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martedì 21 maggio 2013

L'INVERNO DEL NOSTRO SCONTENTO - John Steinbeck

Sensazioni contrastanti per L'inverno del nostro scontento. Da una parte c'è l'abilità impareggiabile di John Steinbeck nel rappresentare i suoi personaggi con eccezionale efficacia, nel dare loro anima e corpo e un luogo nel quale vivere. Dall'altra c'è una storia alla quale ho fatto fatica ad appassionarmi, forse perché lo stesso Steinbeck sembra averla scritta con un certo amaro distacco.
La voce narrante è quella del protagonista, un uomo deluso dalla vita, scontento e disincantato, senza più entusiasmo, la cui unica gioia è un matrimonio felice. Da qui giunge la spinta a un ultimo tentativo di migliorare la propria condizione, per donare un futuro più luminoso alla propria famiglia, ancor prima che a se stesso. E' lo spirito di sacrificio ad animare gli sforzi di Ethan Hawley, il quale si presenta come l'eroe positivo della storia. Ma attenzione, in un'America cinica e decadente, dove il mito del successo impera e si misura in dollari, non c'è posto per i puri di cuore. E' un lusso che nessuno si può permettere, Ethan, semplice commesso di negozio, meno di tutti. Il confronto con gli avventurosi e ammirati antenati della sua famiglia è inclemente, impossibile ripetere le loro gloriose gesta né tanto meno riguadagnare il rispetto della comunità e la stima perduti.
Il denaro resta l'unico mezzo attraverso il quale conquistare una posizione sociale e ciascuno si ingegna con i mezzi che gli sono propri per ottenerlo. C'è l'affarista intrallazzatore e senza scrupoli, l'impiegato chino sulla propria scrivania tutto il santo giorno, la zitella in cerca di un marito che la mantenga, il figlio a caccia di scorciatoie, ciascuno, con alterne fortune, ottiene la propria parte, anche se nessuno di solito ne rimane soddisfatto. Ethan non è più brillante degli altri ma non è uno stupido, l'intuito lo guida a formulare un piano che potrebbe concedergli il sospirato successo o condurlo al disastro.
L'America, lo sanno tutti, è il paese delle opportunità. Forse anche per Ethan ci sarà una sorpresa, forse la felicità è dietro l'angolo, anche se lui non lo sa ancora. Ma l'amarezza per una vita che, comunque vada, gli apparirà sempre meschina, potrebbe coprire il gusto dolce della vittoria perché il problema sta giù nel profondo e ci rode l'anima. Una sorta di fame dello spirito che il vile denaro non potrà mai placare.
Pur se con un romanzo meno acclamato di altri, John Steinbeck si conferma scrittore fra i più grandi, un architetto che progetta con scultorea precisione le sue storie e i suoi personaggi, lasciando sempre un segno profondo e indelebile.

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domenica 19 maggio 2013

IL SENSO DELL'ELEFANTE - Marco Missiroli

Sono un pò in difficoltà nello scrivere la recensione de Il Senso dell'elefante di Marco Missiroli. Non perché il libro sia scritto male o sia noioso, anzi. Lo stile è piacevole e la narrazione è ben costruita con colpi di scena che spingono a non abbandonare la lettura. Il problema è che c'è troppa carne al fuoco, troppi argomenti importanti, che proprio per questo motivo non vengono approfonditi, se non superficialmente. Protagonista e voce narrante è Pietro che, abbandonata la veste talare, si trasferisce a Milano dove andrà a lavorare come portinaio in un palazzo alla ricerca di suo figlio ormai quarantenne che non ha mai conosciuto. E già solo con la storia di Pietro ci sarebbero spunti di riflessione più che sufficienti: il senso di paternità, il rapporto con Dio e la religione, ma all'autore questo non bastava. Il figlio di Pietro, Luca, è un medico che si prende cura dei suoi pazienti, curandoli e aiutandoli a morire quando non c'è più nulla da fare. E la morte, ma soprattutto l'idea della morte come soluzione e rifugio, è un altro dei temi forti affrontati. Intorno a loro ruotano poi tutti gli altri abitanti del palazzo, ognuno con le proprie vite e i propri problemi, in un intreccio di relazioni e rapporti. Molti di questi personaggi minori avrebbero meritato un romanzo a parte, e invece rimangono solo accennati, lasciando una certa idea di incompletezza. Ed è proprio qui la mia difficoltà, alla fine del libro mi è rimasta come la sensazione che ci fosse ancora molto da dire, che avrei voluto sapere di più sulla vita dei personaggi e sulle motivazioni che li hanno spinti a fare certe scelte. Insomma forse l'autore ha voluto un pò strafare.

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giovedì 9 maggio 2013

LA BRISCOLA IN CINQUE - Marco Malvaldi

Oh ma quanto è bellino La Briscola in Cinque di Malvaldi. Difficilmente rido da sola leggendo, non mi capita neanche con i romanzi umoristici che infatti evito come la peste, ma leggendo il romanzo di Malvaldi mi è capitato più e più volte. Ovviamente non è un capolavoro della letteratura, non ha grandi pretese artistiche, ma svolge bene il suo onesto compito di intrattenere il lettore e di concedere qualche ora di vero spasso in maniera intelligente e garbata. La Briscola in cinque è sulla carta un romanzo giallo: una giovane viene trovata morta e i diversi protagonisti si adoperano per risolvere il caso. Ma il caso e la sua soluzione sono un semplice pretesto dell'autore per farci trascorrere del tempo all'interno del Bar Lume, che con il barrista (non è scritto sbagliato e come si definisce lui stesso) Massimo e i suoi avventori, sono il vero punto di attrazione del romanzo.  In particolar modo è impossibile non amarei 4 simpatici vecchietti che trascorrono la maggior parte del tempo al bar giocando a carte, raccontandosi pettegolezzi e commentando gli avventori e le loro vicende con una parlata toscana assolutamente irresistibile. I loro dialoghi valgono da soli la lettura, e poco importa se il caso sia un po' scontato e la sua soluzione un pò banale, la compagnia è delle migliori. Io, tra l'altro, penso di essermi innamorata del barista Massimo.

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domenica 5 maggio 2013

IL PROFUMO DELLE FOGLIE DI LIMONE - Clara Sánchez

Una buona idea sprecata. La mia recensione del best-seller di Clara Sánchez Il profumo delle foglie di limone, potrebbe concludersi qui. Ma sarebbe un peccato, perché qualcosa di buono in quest'opera effettivamente c'è. Innanzitutto il personaggio di Juliàn, anziano superstite del campo di concentramento di Mauthausen, che ha dedicato buona parte della sua vita alla ricerca dei principali criminali nazisti. Attraverso di lui rivediamo non tanto i giorni trascorsi in prigionia, quanto la difficoltà di dimenticare e di sopravvivere a tutto quell'orrore. Altrettanto interessante è l'idea della setta di anziani nazisti trapiantati in Spagna e delle dinamiche psicologiche e sociali che si sviluppano al loro interno. C'è chi si pone delle domande su quanto successo, c'è chi si giustifica con il fatto che null'altro si poteva fare e c'è chi cerca di mantenere lo status quo ottenuto all'epoca. Quello che non funziona per nulla, a mio parare, è il personaggio di Sandra, giovane donna incinta alla ricerca di un posto nel mondo, che funziona da collegamento tra Julian e il gruppo di ex-nazisti. L'ho trovato un personaggio assolutamente non credibile, quanti si trasferirebbero a vivere dopo pochi giorni di conoscenza a casa di una coppia di anziani sconosciuti? E quanti ci rimarrebbero anche dopo aver scoperto il loro terribile passato da aguzzini? Sicuramente l'ingenuità della ragazza è utile per far passare il messaggio che la cattiveria si nasconde ovunque, anche nelle persone più insospettate, e funziona perfettamente da contro altare alla malizia che muove, pur con scopi diversi, gli altri personaggi del romanzo. Ma in certi casi è veramente troppo, al punto che ho più volte sperato che facesse una brutta fine, a causa della sua avventatezza. L'altro aspetto sui cui l'opera della Sánchez mi ha lasciato delusa è stato il finale. Per tutto lo svolgimento della trama si è andata creando una tensione emotiva che però non si conclude in nulla. Il finale è praticamente inesistente, non pretendo un finale in cui il bene trionfa a tutti i costi sul male, sarebbe andato bene anche l'esatto contrario, ma in questo caso tutto si conclude con un pari e patta che lascia un senso di incompiutezza.

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Titolo originale: Lo que esconde tu nombre
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