venerdì 19 settembre 2008

IL TAMBURO DI LATTA - Günter Grass

Uno dei libri più sconcertanti che mi sia capitato di leggere. Non sono sicuro di aver afferrato il messaggio di Günter Grass. Di certo mi è arrivato il disperato cinismo che permea tutto il racconto di Oskar, dal momento della sua nascita al termine della storia.
Oskar non sembra stupirsi mai di nulla, anche se, in alcune occasioni, le esperienze subite lo segneranno per tutta la sua esistenza. Un personaggio stravagante, dalle idee chiare sul proprio destino, maturo già dalla prima infanzia e in grado di decidere autonomamente quale strada percorrere, al ritmo degli innumerevoli tamburi di latta consumati suonando lungo tutta la sua vita.
La sua natura, nanesca prima e deforme poi, lo estrania dagli altri, come se vivesse in un mondo parallelo, incompreso eppure affatto dispiaciuto per questo. Non riesce a nutrire alcun affetto, nemmeno quello familiare, fatta salva una certa benevolenza per la propria madre, troppo fragile però per rappresentare un valido interlocutore. Gli unici membri della famiglia degni di attenzione sono i nonni materni, uno scomparso prima che lui potesse conoscerlo, di cui non gli resta che una sorta di leggenda che lo trasformerà ai suoi occhi in un mito, l'altra eterno rifugio nel quale nascondersi quando le avversità della vita si fanno gravi.
Oskar è un paranoico, perché una cosa sia apprezzabile deve essere fatta esattamente in un certo modo e con certi tempi, esigenze che la “gente normale” non comprenderà mai appieno. Questo è il loro dramma, pensa Oskar compatendoli, mentre li osserva dimenarsi in un'esistenza priva di uno scopo, nel disperato tentativo di trovarne uno, disperdendo immani energie nel farlo, finanche rischiando l'autodistruzione nell'estremo tentativo, come testimonia la devastazione causata dalla seconda guerra mondiale in cui il romanzo è in gran parte ambientato.
E` proprio questo l'elemento disturbante, nonostante tanti e terribili siano gli eventi che attraversano la sua vita, Oskar li osserva con freddo distacco, lui che vive in una sua dimensione, passando indenne attraverso mille momenti cruciali, nei quali tutti gli altri cadono.
Solo quando infine deciderà di fare il suo ingresso nella vita “reale” dovrà scontrarsi con le difficoltà e le contraddizioni che fino a quel momento aveva schivato, finendo con l'essere notato e considerato, a causa del suo comportamento stravagante, un folle. Ma inevitabile sorge il dilemma sul capire chi sia il vero pazzo, se l'osservato o gli osservatori. E la risposta non è per niente scontata.

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domenica 14 settembre 2008

LA COSCIENZA DI ZENO - Italo Svevo

Gli usi e costumi dell'uomo cambiano nel corso della storia, la società si evolve, il pensiero umano con essa. Eppure ci sono aspetti della nostra natura che non cambiano, sono quelli più vicini al nostro lato animale, sul quale le sovrastrutture comportamentali non possono influire più di tanto.
Così, se da un lato la filosofia, il linguaggio, il generale approccio dell'uomo verso il mondo che lo circonda subisce mutamenti, lo stesso non si può dire ad esempio per i sentimenti. L'uomo contemporaneo ama esattamente come quello antico, prova odio, compassione, gioia e così via, oggi come allora. Se si scrive un racconto parlando di sentimenti, la storia narrata sarà sempre attuale. La coscienza di Zeno non sfugge a questa regola ed è per questo che mantiene tutt'ora un fascino modernissimo.
Svevo sonda la psiche umana, senza paura, scavando nel torbido del suo personaggio, cioè in noi tutti, facendone emergere i molteplici aspetti, spesso poco edificanti, per non dire imbarazzanti, a volte persino patetici. L'abilità di Svevo consiste nel rendere quella che potrebbe essere una lettura mortificante in una simpatica autocritica, grazie all'ironia pungente con cui egli descrive le gesta del nostro eroe.
Purtroppo l'ilarità non dura molto ma non certo per colpa sua. Il povero Zeno infatti, se da un lato ci diverte e intenerisce con i suoi maldestri tentativi di dare un senso alla sua vita, dall'altro ci deprime poiché col suo comportamento porta impietosamente a galla tutte le debolezze, le paranoie, le frustrazioni nelle quali, nostro malgrado, ci riconosciamo.
Svevo ci porge una mano per stringere amichevolmente la nostra ma con l'altra ci schiaffeggia sonoramente e non possiamo farci niente. Inutile nascondere le nevrosi di un uomo che anela a una vita sublimata dal compiersi degli ideali in cui ciascuno crede ma che non riesce fatalmente a staccarsi dalle bassezze derivanti dalla sua stessa natura. E` un rincorrersi disperato, più ci si tende verso l'impossibile meta, più le nostre radici ci inchiodano al nostro posto. Potremo stiracchiarci quanto vogliamo ma non potremo mai spiccare il volo, anzi corriamo il rischio di spezzarci. Da qui l'aspetto profetico di Svevo che è stato capace di vedere molto bene nel futuro dell'umanità. Si può ben dire infatti che tutto il '900 si sia svolto sulla base di questo motivo conduttore, spesso con esiti tragici, di cui ancora oggi subiamo le conseguenze.

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IL MIO NOME E' ROSSO - Orhan Pamuk

Il Mio Nome E' Rosso è un giallo, ma il dipanarsi delle trame investigative e degli intrighi è solo un pretesto per raccontare il tramonto di un mondo ormai lontano e per rappresentare la discussione, ancora presente nel mondo islamico e non solo, tra tradizione e modernità.
Il Mio Nome è Rosso è anche un romanzo d'amore in cui uno dei protagonisti è disposto a tutto per ottenere la sua amata, ma anche la storia d'amore è un pretesto utilizzato dall'autore per ricreare le tradizioni e il mistero di Istanbul nel 1591.
Questo romanzo dello scrittore turco premio Nobel nel 2006 Orhan Pamuk non è di facile lettura, i continui riferimenti al mondo islamico in generale e a quello dei miniaturisti in particolare rendono difficile per il lettore calarsi appieno nel mondo affrescato. La scelta di Pamuk di utilizzare per ogni capitolo una diversa voce narrante e un diverso punto di vista inizialamente spiazza, ma una volta compreso il meccanismo permette al lettore di essere presente al centro della storia e di interagire quasi con i suoi personaggi.
La particolarità della scrittura e il tema trattato, per noi occidentali esotico e pieno di fascino, rendono questo romanzo misterioso e piacevole e spronano a conoscere ed ad avvicinarsi maggiormente alla cultura turca, all'arte delle miniature e alle tradizioni di un mondo per certi versi lontano dal nostro, ma lacerato dalle stesse contraddizioni. La dicotomia tra modernità e tradizione, al centro del romanzo di Pamuk caratterizza, oggi come allora, non solo il mondo islamico, ma anche quello europeo, ed è stata analizzata e rappresentata da diversi scrittori occidentali, uno per tutti Il Nome della Rosa di Umberto Eco, con cui Il Mio nome è Rosso presenta diverse analogie.

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Guarda il video di un'intervista (in inglese) a Orhan Pamuk:


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venerdì 5 settembre 2008

MARE DELLE VERITA' - Andrea De Carlo

Nel 2016 la popolazione mondiale raggiungerà la cifra di 7 miliardi e 679 milioni di persone, circa un miliardo in più rispetto ad oggi.
E' in grado la terra di sostenere un tasso di crescita così rapido?
Questo è ciò su cui prova a farci riflettere Andrea De Carlo nel Mare delle Verità. Si tratta di un tema importante e di attualità e il tentativo di De Carlo di presentarlo al grande pubblico con un romanzo è sicuramente lodevole. Peccato però che a questa tematica l'autore ne mescoli molte altre: la Chiesa e l'aids, l'arrivismo della politica, la difficoltà dei rapporti familiari ai giorni nostri. Troppa carne al fuoco per un romanzo che vuole intrattenere e si presenta come una storia d'avventura e d'amore.
Alla fine della lettura, infatti, quello che rimane è un senso di incompiutezza. Nessuna delle vicende aperte arriva ad una conclusione, a parte quella amorosa che è, tra tutte quelle presentate nel Mare della Verità, quella meno importante.
Il tentativo di sensibilizzare il lettore sui temi ambientali e sullo sviluppo sostenibile si disperde nel corso del romanzo in un agglomerato di rivoli che si allargano a partire dal tema principale senza mai reincontrarsi.
E' un peccato perchè la scrittura di De Carlo è avvincente e piacevole e ci si aspetta da un momento all'altro un evento che risolva in qualche modo le diverse situazioni. Un evento che non arriva mai.

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