lunedì 29 dicembre 2008

IL CANE GIALLO - Georges Simenon

Questo giallo di Simenon è come un paio di scarpe vecchie ma comode. Una certezza. Iniziandolo si sa già che non ci si annoierà durante la lettura, che arriveremo in fondo perché non saremo in grado altrimenti di scoprire il colpevole, che ci sentiremo appagati perché il finale ci avrà soddisfatto.
Questo risultato che apparentemente può sembrare riduttivo e banale è invece uno di quelli per cui molti scrittori farebbero i salti mortali. Conquistare il pubblico è il primo obiettivo di qualunque artista. La sensazione che si ha leggendo Il cane giallo è quella che Simenon ci riesca a mani basse, senza fatica, con uno stile pulito, privo di arzigogoli, una storia lineare, con pochi sussulti ma senza pause. Anzi, la sua forza sta proprio lì, in questo crescendo lento ma costante, come l'onda che non sale così in fretta da spaventare ma sale e sale, finché ti porta via, fino in fondo al libro, che quasi non te ne sei accorto.
I fattori di questo successo si possono trovare nel sapiente gioco della trama, delle ambientazioni o nel riuscito personaggio di Maigret. Ma a mio parere ciò che fa davvero la differenza è lo stile narrativo di Simenon, che potrebbe parlarti di qualunque cosa, utilizzando qualunque forma ma riuscendo sempre e comunque ad acchiapparti.

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domenica 14 dicembre 2008

SOTTO LA PELLE - Michel Faber

Sotto la Pelle è il romanzo d'esordio di Michel Faber, conosciuto ai più per il successo mondiale de Il Petalo Cremisi e Il Bianco.
Anche nella sua prima opera letteraria Faber mette al centro della sua narrazione una donna che è costretta ad utilizzare il proprio corpo per vivere e che per questa ragione vive in piena solitudine ed emarginazione.
E' un libro strano su cui è difficile dare giudizi senza rivelare troppo della trama. Partendo da uno spunto quasi banale, che potrebbe richiamare alla memoria racconti al limite tra l'erotico e il pulp e aggiungendo pagina su pagina dettagli sull'esistenza che la protagonista conduce, Faber costruisce un'allegoria crudele e spietata della nostra società e delle regole che ne stanno alla base. Una società in cui lo sfruttamento domina e l'alienazione dal proprio essere e dal proprio corpo è l'unica forma di sopravvivenza.
L'intento di Faber è sicuramente notevole e il risultato è buono. I personaggi sono realistici, le scene ben delineate, avvincenti e credibili, peccato però che ecceda talvolta in particolari e dettagli al solo scopo di colpire il lettore e rafforzare l'intento pedagogico del libro.

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martedì 2 dicembre 2008

IL SIGNORE DELLE MOSCHE - William Golding

Golding presenta la propria storia a muso duro, col chiaro intento di disturbare il lettore. Egli si serve di una situazione estremizzata per portare a galla le molte facce della nostra coscienza, creando un attrito fra il lato razionale e quello istintivo che si propongono entrambe come soluzioni per la sopravvivenza.
Il signore delle mosche sembra quasi un trattato socio politico, più che un romanzo, attraverso il quale Golding studia l'indole umana, il modo in cui individui di caratteri diversi affrontano un problema comune.
L'istinto e la ragione sono le due facce della stessa medaglia che, separate, non sono in grado di condurre alla soluzione. Grazie all'istinto noi siamo in grado di sopravvivere nell'immediato, di affrontare i pericoli, vivendo nell'illusione di aver trovato la strada giusta. Non ci basta però per vincere la paura dell'ignoto e così finiamo col cadere preda della paranoia, tutto ciò che non è sotto il nostro controllo diventa un pericolo e se possiamo lo distruggiamo. Processo involutivo che porta inevitabilmente all'auto annientamento.
La ragione può salvarci, grazie ad essa possiamo osservare e dedurre, scoprire e capire e non provare più paura. La conoscenza ci dà saggezza che possiamo utilizzare per migliorare la nostra condizione di vita e iniziare così quel processo evolutivo grazie al quale siamo in grado di costruire una civiltà.
E' vero però che la ragione, da sola, è priva di energia. La semplice osservazione ci permette di capire, di prendere atto ma non ci permette di fare quel salto logico attraverso il quale approdare all'applicazione della conoscenza stessa. Rimane un esercizio sterile, fine a se stesso.
E` l'istinto che fornisce l'energia richiesta, lo stimolo necessario affinché lo sforzo razionale produca anche un risultato tangibile, attraverso il quale finalmente progredire.
Ragione e istinto non possono essere in conflitto, se ne otterrebbe una inutile sottrazione che porterebbe al nostro azzeramento. L'alleanza dei due fattori è l'unica strategia indispensabile per una crescita costante e duratura nel tempo.

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