Questo giallo di Simenon è come un paio di scarpe vecchie ma comode. Una certezza. Iniziandolo si sa già che non ci si annoierà durante la lettura, che arriveremo in fondo perché non saremo in grado altrimenti di scoprire il colpevole, che ci sentiremo appagati perché il finale ci avrà soddisfatto.
Questo risultato che apparentemente può sembrare riduttivo e banale è invece uno di quelli per cui molti scrittori farebbero i salti mortali. Conquistare il pubblico è il primo obiettivo di qualunque artista. La sensazione che si ha leggendo Il cane giallo è quella che Simenon ci riesca a mani basse, senza fatica, con uno stile pulito, privo di arzigogoli, una storia lineare, con pochi sussulti ma senza pause. Anzi, la sua forza sta proprio lì, in questo crescendo lento ma costante, come l'onda che non sale così in fretta da spaventare ma sale e sale, finché ti porta via, fino in fondo al libro, che quasi non te ne sei accorto.
I fattori di questo successo si possono trovare nel sapiente gioco della trama, delle ambientazioni o nel riuscito personaggio di Maigret. Ma a mio parere ciò che fa davvero la differenza è lo stile narrativo di Simenon, che potrebbe parlarti di qualunque cosa, utilizzando qualunque forma ma riuscendo sempre e comunque ad acchiapparti.
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