Uscire in mare comporta dei rischi, resi ancora più drammatici dalla necessità di giungere a destinazione per motivi non già di semplice divertimento e voglia di avventura ma per questioni di sostentamento, come potrebbe essere un viaggio d'affari o il trasporto di merce preziosa.
Colui che narra un simile evento può farlo col chiaro intento di intrattenere la propria platea divertendola, regalando ad essa momenti emozionanti. La conclusione, qualunque essa sia, deve necessariamente essere “gratificante”al fine di raggiungere il proprio scopo, intrattenere, appunto.
Nel momento in cui si intende esporre lo stesso evento in forma più simile alla cronaca, la gratificazione finale del lettore non ha più alcuna importanza. E questo presupposto vale ancora di più nel momento in cui il verista intende proporre uno studio in piena regola, un'analisi dell'umano comportamento di fronte alle avversità della vita.
Ecco perché Giovanni Verga, descrivendo il viaggio su una piccola imbarcazione di una parte della famiglia soprannominata Malavoglia, non ne descrive gli epici momenti durante i quali gli eroici protagonisti sfuggono alla ferocia del mare, bensì la sofferenza causata da un inevitabile (si potrebbe dire “ragionevole”) naufragio. Perché Verga sta parlando della vita reale e nella vita reale le piccole barche, nel mare grosso, nel pieno della tempesta, affondano e tanti saluti.
E il resto della famiglia sa benissimo che non servirà a nulla restare sulla spiaggia ad aspettare il ritorno dei propri cari grazie al miracoloso intervento di qualche provvidenziale mercantile che si trovava a passare nei pressi del disastro. Perché una cosa del genere possa accadere servirebbe una quantità di fortuna esagerata ma lo sanno tutti che queste cose succedono solo nei libri di avventure.
Forse però, descrivendo tanta pena, Verga vuole farci capire che non è una buona idea sfidare la sorte, uscendo in mare aperto perché dobbiamo a tutti i costi raggiungere il mercato lontano dove vendere a buon prezzo la nostra mercanzia, nonostante si preveda brutto tempo. Perché così facendo, invece di migliorare la nostra qualità della vita, è più probabile che la peggioreremo drasticamente, con la scomparsa di uomini e merce.
Ed ecco la grande speranza di Verga: studiare il comportamento umano per capirne gli errori e fare in modo che, una volta analizzati, li si possa codificare, riconoscere, permettendoci così di prevenirli. Un'impresa ardua, probabilmente mai del tutto compiuta.
Ulteriori informazioni su Giovanni Verga
Nessun commento:
Posta un commento