domenica 2 maggio 2010

ROSSA - Giorgio Scerbanenco

Ciò che colpisce di Scerbanenco, fin dalle prime pagine, è la sicurezza e "competenza" che dimostra nel raccontare la sua storia. Lo stesso incontro con Rossa, lo sbocciare della passione fra lei e il protagonista, viene spiegato con le parole di chi ha vissuto quelle sensazioni sulla propria pelle e con tanta forza da sapere bene di cosa sta parlando.
Non si tratta quindi di una consapevolezza di tipo tecnico ma passionale, attraverso l'esperienza. La passione domina i comportamenti dei personaggi di Scerbanenco, li rende ciechi e sordi alla ragione, si abbandonano al fato, prigionieri della loro incapacità di ribellarsi all'istinto. Quando un uomo si trova in una certa situazione, deve reagire in un certo modo e nulla potrà distoglierlo, anche se questo lo porterà alla rovina.
Scerbanenco dà ai propri personaggi l'illusione di poter gestire la propria vita, di migliorarla grazie ai propri sforzi. Tuttavia il destino si frapporrà con la sua carica distruttiva e insuperabile e loro lo sanno. Essi sanno sempre che, qualunque sia l'impegno che ci potranno mettere, accadrà un evento che allontanerà i loro sogni, vanificando ogni tentativo. Da qui il fatalismo, una vita da vivere alla giornata, un abbandonarsi all'ineluttabile destino di rovina.
Eppure Scerbanenco dà sempre loro una via di fuga, una possibilità, un modo per uscirne "puliti". E questa possibilità passa attraverso la ragione. La passione che dà gli stimoli, che è il motore della quotidianità, deve essere sapientemente dosata o rischia di trascinarci in un vortice, un pauroso vortice.
La vita richiede equilibrio, un sapiente dosaggio di ingredienti, al fine di realizzare i propri sogni, anche se questo dovesse richiedere dei sacrifici.

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