Negli ultimi tempi si è assistito a un crescente interesse nei confronti dei draghi, creature mitologiche protagoniste della saga di Anne McCaffrey il cui fascino, a giudicare dai titoli al cinema o in recenti romanzi fantasy, continua ad influenzare l'immaginario collettivo. Il pubblico sembra essere dedito a una sorta di ricerca di affetto nei confronti di un compagno immaginario che si vorrebbe dotato di intelletto e autodeterminazione ma allo stesso tempo fedele e docile come un cane. Caratteristiche che poco si conciliano con un mostro sputafuoco e gigantesco, un rettile dotato di una saggezza superiore con l'irresistibile tendenza ad accumulare tesori di cui diventa gelosissimo custode.
E` l'eterna attrazione che proviamo per la bestia dai terribili poteri ma che vorremmo allo stesso tempo imparare a conoscere e addomesticare, un istinto che ha probabilmente radici profonde nel nostro essere, in cui il sesso gioca un ruolo importante.
Al di là delle motivazioni con le quali Anne McCaffrey abbia scritto la sua saga sui dragonieri di Pern, ciò che viene fuori da questa trilogia è l'ammirazione che l'autrice prova nei confronti di queste creature, dalle quali tra l'altro dipende la sopravvivenza del genere umano nel lontano mondo alieno sul quale vivono. Le imprese a cui sono chiamati questi esseri speciali tuttavia non bastano a restituire loro la giusta dimensione che altri racconti invece efficacemente consegnano, siano essi brutali e terrificanti, saggi e ammirevoli, leggendari e invincibili.
Sul mondo di Pern essi vengono relegati al rango di animali addomesticati, asserviti alle necessità della razza umana, da essi amati dell'amore che si può nutrire per una meraviglia tecnologica, non già per una creatura della quale si ammira e si teme la superiorità fisica e mentale. Troppo poco per chi ha provato timore e meraviglia di fronte all'astuzia e alla potenza di Smaug o dei draghi di Terramare.
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